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A rischio di estinzione gli ultimi mohicani della televisione parlata e non urlata

Redazione
 
A rischio di estinzione gli ultimi mohicani della televisione parlata e non urlata

Il panorama informativo italiano televisivo sta attraversando una situazione già vissuta in passato, con un appiattimento generalizzato su una sola linea, quella del governo. Negli anni '80, con l'irruzione di Silvio Berlusconi sulla scena politica, si creò una situazione simile (due reti Rai di stretta osservanza governativa, mentre le tre reti Mediaset erano ovviamente vicine al premier, essendone di sua proprietà), sebbene qualche sacca di ''resistenza'' informativa c'era nella terza rete che, pervicacemente e testardamente, restava sul fronte critico di chi governava.

A rischio di estinzione gli ultimi mohicani della televisione parlata e non urlata

Oggi, sebbene lo schema politico sia lo stesso (il destra-centro al potere, a fronte di una opposizione frammentata sotto la spinta di irrefrenabili ambizioni personali), la situazione è diversa per un motivo.
Quello che, ai tempi andati, era l'abito di Bastian contrario che si era ritagliato addosso la terza rete, oggi sta perdendo di spessore, perché chi guida il servizio pubblico non solo lo ha occupato - pratica usuale anche quando a governare erano le opposizioni -, quanto sta facendo terra bruciata attorno a chi cerca di sollevare una voce dissenziente.

Quindi, chi si mette davanti alla televisione per cercare programmi di informazione non dichiaratamente e smaccatamente di parte, dopo avere scartato per ovvi quanto comprensibili motivi le reti Mediaset, si trova davanti una Rai che lascia poco spazio alle opposizioni, non tanto in termini di tempo dedicato a questo o quell'esponente, ma proprio di contenuti, dando spesso l'impressione di volerne marginalizzare le tesi e, quindi, celebrare quelle del governo.

Che è poi quello che accadeva un tempo a parti invertire. Solo che oggi, a rendere l'informazione meno appetibile o accettabile da un teleutente appena acculturato di politica, è un appiattimento sin troppo evidente, con alcune reti Mediaset che conducono vere e proprie campagne su temi che in qualche modo costituiscono le idee forti del governo, toccando argomenti che sono nervi scoperti per la gente, legati soprattutto alla sicurezza.

Quindi, ma è solo un esempio, parlare di immigrazione violenta, di case occupate, di spaccio in mano ai maghrebini è, come si usa dire, mettere fascine sotto la pira della rabbia delle gente. Se poi questi fenomeni delinquenziali sono associati a città magari governate da sindaci di sinistra è gettare un amo in un allevamento di merluzzi: alla fine tutti abboccano.

Oggi, comunque, c'è ancora l'ultima ridotta di chi vuole sentire una voce discordante, rispetto alla monodimensionalità del panorama, ed è l'informazione de La7. Parliamo, in particolare, del tg diretto da Enrico Mentana che ha imposto al telegiornale della rete di Urbano Cairo una cifra di chiarezza, di non acquiescenza alle tesi care solo ad una parte, aprendo a tutte le tesi, quindi senza minimizzarne o addirittura ridicolizzarne qualcuna.

Negli anni, si potrebbe dire, il tg di Mentana s'è messo alle spalle l'autoreferenzialità che poteva dargli la figura del suo direttore, per acquistare autorevolezza e, con essa, audience, che in una televisione commerciale significa sopravvivenza.

Ma un post di Mentana sta mandando in fibrillazione chi guarda il suo tg, facendo capire, tra il detto e il non detto, che forse la sua esperienza è arrivata al capolinea. Vero? Non vero?
La risposta non la porta il vento, ma probabilmente la imminente presentazione dei palinsesti de La7, da cui forse si capirà qualcosa.

Però, al netto delle motivazioni ''dette-non dette'' da Mentana, se ''Chicco'' lasciasse sarebbe una perdita, non solo per la rete, ma per l'informazione italiana alla quale mancheranno, sempre che la decisione sia questa, non tanto le sue maratone (ormai entrate nella leggenda) o le sue strigliate a qualche collega disattento o peggio, quanto la capacità di analisi e la sua onestà psicologica. Merce rara, oggi come ieri.

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