Economia

FIPE, ottant’anni di impresa come bene comune, Stoppani richiama al valore sociale del lavoro

Redazione
 
FIPE, ottant’anni di impresa come bene comune, Stoppani richiama al valore sociale del lavoro
Nel celebrare l’ottantesimo anniversario della Federazione Italiana Pubblici Esercizi, il presidente Lino Enrico Stoppani ha voluto trasformare l’Assemblea 2025 in una riflessione sul ruolo sociale dell’impresa e sull’identità di un settore che da sempre rappresenta l’anima più autentica dell’Italia, quella dell’accoglienza, della convivialità e del lavoro quotidiano. Il tema scelto, “Impresa, bene comune”, è diventato il filo conduttore di un discorso che ha intrecciato memoria, visione e responsabilità.

FIPE, ottant’anni di impresa come bene comune

Stoppani ha ricordato come la FIPE, nata nel 1945 tra le macerie del dopoguerra, abbia accompagnato ogni trasformazione economica e culturale del Paese, dal boom economico al terrorismo, dalla globalizzazione alla pandemia, rimanendo presidio di rappresentanza e confronto istituzionale. Durante il Covid, ha sottolineato, si è compreso fino in fondo cosa significasse la parola “pubblico” nel termine “Pubblici Esercizi”, la chiusura dei bar e dei ristoranti aveva spento le città e privato le comunità del loro spazio di relazione.

Per Stoppani, la Federazione non è solo un’associazione di categoria, ma una rete di imprese e persone che condividono un’idea di futuro basata su innovazione, sostenibilità e responsabilità. Ha sottolineato che l’impresa di pubblico esercizio è un bene comune perché genera coesione sociale, inclusione e identità, e che la rappresentanza non deve limitarsi alla difesa di interessi particolari ma contribuire al progresso del Paese con competenza, equilibrio e visione.

Il presidente ha richiamato la lezione dell’articolo 41 della Costituzione, secondo cui l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, ricordando che senza impresa non c’è lavoro e senza lavoro si alimentano disagio e disuguaglianze. Ha invitato a recuperare un’economia “a misura d’uomo”, fondata su valori etici e sulla responsabilità verso la comunità, citando le parole di Papa Francesco sull’“economia della speranza e della cura”.

Ampio spazio è stato dedicato al ruolo dei corpi intermedi, che Stoppani ha definito indispensabili per la coesione democratica e per il contrasto alla solitudine sociale. Ha ricordato come Mario Draghi li considerasse attori del cambiamento e ha ribadito la necessità di difendere la funzione rappresentativa da derive populiste e processi di disintermediazione.

Nel suo intervento, Stoppani ha parlato anche della necessità di ridefinire il concetto di profitto, distinguendo tra quello “fecondo” che genera valore diffuso e quello “sterile” che alimenta disuguaglianze. Ha richiamato l’attenzione sull’importanza di nuovi indicatori di benessere e sostenibilità, in grado di superare la visione puramente economica dei parametri di crescita.

Sul fronte delle battaglie concrete, il presidente ha ribadito l’impegno della FIPE contro il dumping contrattuale e i “contratti pirata” che minano la leale concorrenza, chiedendo alle istituzioni un sistema chiaro di misurazione della rappresentatività. Ha denunciato anche il danno provocato dalle recensioni online false o sponsorizzate, definite “una nuova forma di inciviltà” che mina la reputazione degli operatori onesti.

La relazione ha poi toccato il tema del riconoscimento Unesco della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’umanità, sostenendo che quel progetto non riguarda soltanto ricette e tradizioni, ma il valore culturale e sociale del cucinare come atto di cura e condivisione. Stoppani ha sottolineato che le imprese dei pubblici esercizi non sono solo attività economiche, ma strumenti di coesione, inclusione e promozione di corretti stili di vita.

Ha ricordato i numeri che fotografano la ricchezza umana del comparto, con oltre un milione di lavoratori, di cui il 50% donne, il 28% stranieri e quasi il 40% giovani sotto i 30 anni. Una realtà che abbina produttività e integrazione sociale, offrendo opportunità di lavoro e crescita personale.

Nella parte finale, Stoppani ha ribadito che FIPE continuerà a essere una “casa comune” per gli imprenditori dell’ospitalità, un presidio di civiltà economica e sociale, impegnato a unire filiere, istituzioni e comunità locali in un patto per la crescita sostenibile del Paese. Ha concluso affermando che l’impresa, quando è fondata sulla coscienza e sulla responsabilità, diventa davvero un bene comune, capace di generare fiducia, cultura e futuro.
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