Economia

Unimpresa: “Banche centrali indipendenti garanzia di stabilità per mercati e imprese”

Redazione
 
Unimpresa: “Banche centrali indipendenti garanzia di stabilità per mercati e imprese”
La partita che si sta giocando negli Stati Uniti intorno alla Federal Reserve è destinata a produrre effetti ben oltre i confini americani. È l’allarme lanciato dal presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi (in foto), che invita a riflettere sui rischi di una “politicizzazione” delle banche centrali. «La tentazione di piegare l’indipendenza della banca centrale a logiche politiche contingenti è sempre forte – osserva – soprattutto quando l’inflazione resta sopra il target e il debito pubblico cresce in modo preoccupante. Ma una Fed che orienta i tassi più per contenere il costo del debito che per presidiare l’equilibrio macroeconomico finirebbe per alimentare instabilità, volatilità e nuove tensioni commerciali globali».

Unimpresa: “Banche centrali indipendenti garanzia di stabilità per mercati e imprese”

Il monito riguarda da vicino anche l’Europa e l’Italia: dazi più aggressivi, squilibri nei flussi finanziari e difficoltà per le imprese esportatrici sarebbero conseguenze immediate. Per Longobardi, l’autonomia delle banche centrali non rappresenta un lusso istituzionale, ma una condizione essenziale per garantire stabilità economica e mercati credibili.

La riflessione nasce all’indomani della riunione della Federal Reserve del 16-17 settembre, segnata dal primo taglio dei tassi da dicembre 2024, pari a 25 punti base. Una scelta che, secondo il Centro studi di Unimpresa, ha messo in evidenza la priorità accordata al rallentamento del mercato del lavoro rispetto al controllo di un’inflazione che resta ancora sopra il 2%. La decisione non è stata unanime, il neo-governatore Miran, vicino all’amministrazione Trump, ha votato per un taglio più ampio di 50 punti base, prospettando una linea aggressiva che potrebbe guadagnare consensi nei prossimi mesi.

Le nuove previsioni macroeconomiche della Fed hanno mostrato un quadro a prima vista incoraggiante - crescita e inflazione al rialzo, disoccupazione in calo - ma che, nella lettura di Unimpresa, evidenzia contraddizioni profonde. «La lezione che ci viene da Washington è chiara: quando la politica invade il terreno della tecnica monetaria, il prezzo lo pagano famiglie e imprese», sottolinea Longobardi, ricordando come anche in Eurozona la Bce stia affrontando segnali contraddittori, con una ripresa dei servizi a fronte di una manifattura in difficoltà.

Il vero nodo, oggi, appare politico. L’amministrazione Trump punta a sostituire i membri del Board della Fed considerati poco allineati, a partire da Jerome Powell e Lisa Cook, ridefinendo nei fatti la funzione obiettivo della banca centrale, non più solo stabilità dei prezzi, ma anche contenimento del costo del debito e sostegno diretto alla crescita. Una strategia che, secondo gli analisti, rischia di compromettere la credibilità anti-inflazionistica costruita in decenni.
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