Politica

Usa: ma la destra italiana può avere come esempio Trump, che vuole zittire il dissenso?

Diego Minuti
 
Usa: ma la destra italiana può avere come esempio Trump, che vuole zittire il dissenso?

Quanto sta accadendo negli Stati Uniti è sotto gli occhi di tutti. Non parliamo delle controverse politiche tariffarie di Donald Trump che spesso, quando si tratta di magnificarle, fa ricorso a dati economici che sono smentiti non dai suoi avversari, ma dagli uffici della sua stessa Amministrazione (paradossali, ed è un solo esempio, quelli relativi al deficit commerciale che, quando si tratta di Paesi che vuole colpire, lui gonfia in modo imbarazzante, come nel caso di Canada e Messico).

Usa: ma la destra italiana può avere come esempio Trump, che vuole zittire il dissenso?

Vogliamo riferirci al progressivo restringimento dei confini delle libertà personali, un concetto che i Padri fondatori vollero essere al centro della Costituzione e che, per Trump, ormai sono solo elementi marginali.
Un caso per tutti riguarda non il perché Trump voglia interrompere i flussi di immigrazione clandestina che fanno arrivare negli Stati Uniti milioni di persone irregolari, tra le quali si mischiano e proliferano elementi del crimine, organizzato o meno, ma gli strumenti che ha deciso di adottare.

Il ricorso ai raid violenti sul posto di lavoro, dentro i grandi centri commerciali, nelle case, nelle chiese, finanche nei luoghi di svago, sono l'esatta immagine di uno Stato che vuole ricorrere alla repressione, nel senso più restrittivo e talvolta incomprensibile.

Anche perché ormai, nell'immaginario collettivo, gli agenti dell'Ice, la polizia di frontiera e contro l'immigrazione clandestina, anche per il loro modo di muoversi e comportarsi (agiscono con il volto coperto, come se a determinarli a celare le loro fattezze sia la vergogna piuttosto che la sicurezza), sono considerati alla stregua di inani esecutori di ordini, che agiscono come robot avendo come obiettivo la spettacolarizzazione delle loro imprese.

Altro argomento su cui riflettere è la campagna di annientamento (professionale) di quei magistrati che hanno indagato su di lui o, estrema offesa, lo hanno condannato. O, anche, la criminalizzazione di tutta la galassia della sinistra, tutta accomunata in modo spericolato all'uccisione dell'attivista conservatore Charlie Kirk, di cui si difende il diritto di dire cose anche riprovevoli. Cosa non concessa, invece, a chi contesta Trump.

Ma in queste ore a calamitare l'attenzione è la devastante, in termini di rispetto delle altrui idee, offensiva che Trump e la sua allegra combriccola di adoratori ha scatenato contro chi contesta il presidente, usando le armi dell'ironia, anche corrosiva, ma sempre restando nell'ambito della manifestazione delle proprie idee. Quelle che il primo emendamento della Costituzione difende come fondamento della democrazia.

La cancellazione prima del programma di Stephen Colbert e, ora, la sospensione di quello di Jimmy Kimmel, sono la punta di un iceberg che ha come obiettivo la cancellazione delle voci dissenzienti, nell'evidenza che chi sta in cima alla catena di comanda accetta le critiche, ad eccezione di quelle che li irride.

Godere della decisione su Kimmel, allo stesso modo di quella su Colbert, sperando che altri oppositori di Trump facciano, prima possibile, la stessa fine, è il segnale di una deriva autoritaria, che non significa altro che la democrazia è un concetto meraviglioso, ma che lo è un po' meno quando si tratta di rispettarla.

Ma quello che oggi forse suona strano è che ancora ora Donald Trump venga preso ad esempio, idolatrato ad ogni occasione, da una parte della destra italiana, dalla quale non si è levato, oltre alle acritiche lodi sperticate, una sola considerazione negativa sulla sistematica ricerca di silenziare le voci di quelli che dissentono, di quelli che dicono che il re è nudo senza avere paura delle conseguenze.

No, oggi, per quella destra italiana che stravede per lui, Trump non può essere criticato, anzi deve essere preso ad esempio, anche se dice che vuole ritirare le licenze alle televisioni che parlano male di lui. In Italia pensiamo che la repressione del pensiero avverso passi per ignorare la stampa non amica, concedendosi, peraltro col contagocce, solo a giornalisti che fanno domande scontate e formulate solo per gare gonfiare il petto all'intervistato.

Non è questo il ruolo dell'informazione, che deve potere formulare delle domande e dare giudizi senza per questo rischiare. Che è invece quello che accade dalle parti della Casa Bianca.
In un recente incontro con la stampa, dentro lo Studio Ovale, ad un giornalista della televisione pubblica australiana che gli chiedeva se la sua famiglia avesse beneficato economicamente della sua presidente, Trump non ha risposto, minacciando il cronista di parlare di lui con il premier di Canberra.

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