Ci sono estati che svaniscono come spritz annacquati alle 18:45, altre che si attaccano all’anima come sabbia bagnata sui piedi appena usciti dal mare. Alcune scivolano via tra abbronzature mal riuscite e gelati sciolti, altre ancora si imprimono nei ricordi con la testardaggine di un ritornello che non ti molla più. Ma se c’è qualcosa che davvero sopravvive a tutto — alle mode, ai flirt da ombrellone, persino agli shampoo doposole — sono loro: i tormentoni estivi.
Musica: viaggio nei tormentoni dell’estate che fu
Canzoni leggere come un vestito di lino, ma capaci di muovere masse, cambiare vocabolari e in certi casi persino orientare la rotta del costume nazionale. E allora, prima di addentrarci nel jukebox dell’estate 2025 — dove ogni beat sembra gridare “ballami o dimenticami!” — conviene fare un piccolo tuffo all’indietro. Quando le estati avevano il profumo del Festivalbar, i singoli uscivano su cd masterizzati in spiaggia, e il tormentone non cercava la strada del viral, ma del memorabile.
Canzoni nate per un’estate sola e finite, a sorpresa, nel patrimonio sentimentale di intere generazioni. Se c’è un brano che può incarnare l’adolescenza dell’Italia del boom economico, è Tintarella di Luna. È il 1959, e una giovanissima Mina dà voce all’ansia di libertà di una generazione che sogna di svestirsi dei pudori e abbracciare il sole. Non è solo una canzonetta estiva: è la nascita di un mito femminile, il simbolo di un’Italia che si affaccia al futuro abbronzata e con lo sguardo verso il cielo.
Pochi anni dopo, Gino Paoli regala all’Italia una delle sue canzoni più immortali: Sapore di sale (1963), arrangiata da un certo Ennio Morricone, e diventata l’inno non scritto degli amori da spiaggia. Una hit che nasconde un retroscena drammatico: nello stesso anno, nonostante il successo, Paoli tenta il suicidio.
È la dimostrazione che anche l’estate più luminosa può nascondere ombre profonde. Nello stesso anno, Edoardo Vianello spopola non con uno, ma con due tormentoni: I Watussi e Abbronzatissima, che conquistano jukebox e spiagge, fissando per sempre l’immaginario dell’italiano in vacanza. I suoi testi spensierati, la voce rassicurante, e – ancora una volta – gli arrangiamenti di Morricone, compongono il ritratto musicale perfetto della dolce vita balneare.
Con Rocky Roberts e la sua esplosiva Stasera mi butto (1967), la canzone dell’estate diventa anche black. Una voce autenticamente soul che irrompe nel panorama italiano grazie a Boncompagni e Arbore. Il Festivalbar viene travolto da un’energia nuova, che sarebbe stata perfetta per i dancefloor del Northern Soul britannico, ma che trova il suo palcoscenico perfetto tra Rimini e Riccione.
Poi arriva Azzurro, e nulla sarà più come prima. È il 1968 e Celentano, con la penna di Paolo Conte e le intuizioni di Vito Pallavicini, incide una canzone che diventerà l’equivalente musicale di una cartolina di Ferragosto. Il suo successo è talmente ampio da varcare i confini, affermandosi anche in Germania e Austria.
"Ho avuto un’idea pazzesca", dice Pallavicini a Celentano. Aveva ragione. Negli anni ’70, i tormentoni estivi si fanno più stratificati. In un'Italia attraversata da tensioni sociali e cambiamenti epocali, la musica leggera continua a offrire rifugi emotivi. Nel 1971 i Pooh – con Riccardo Fogli ancora in formazione – firmano Tanta voglia di lei. Una ballata dolce e un po’ amara, nata dopo mille riscritture e ispirata (pare) a George Harrison. È tale il successo che i juke-box devono continuamente sostituire il disco, consumato dagli ascolti.
Poi arriva Claudio Baglioni con E tu… (1974): 32 settimane in classifica, un’estate “accoccolati ad ascoltare il mare”, una generazione intera stretta nella malinconia romantica di un amore balneare. Il brano vince il Festivalbar, che intanto è diventato il vero arbitro delle canzoni dell’estate.
Nel 1977 Umberto Tozzi pubblica Ti amo: quattro accordi, un testo diretto, e una forza melodica che valica i confini.
I produttori non ci credono subito, preferirebbero puntare su un altro singolo. Ma Tozzi ha ragione: la canzone trionfa al Festivalbar e viene tradotta in francese, in inglese, reinterpretata persino da Dalida e Laura Branigan. Nel 1979 l’estate si tinge di polemica con Comprami di Viola Valentino.
Il testo – considerato troppo audace – irrita il movimento femminista, che legge nella canzone un messaggio retrogrado. Ma il pubblico la adora. È la hit più amata di quell’estate e resta, nel bene e nel male, l’etichetta artistica di Viola Valentino per sempre. E chiudiamo con un assaggio di anni ’80. Il decennio che si apre con l’elettronica e la post-modernità, regala uno dei brani estivi più sorprendenti e, al contempo, raffinati: Un’estate al mare di Giuni Russo (1982). La scrive Franco Battiato, e non è un caso. Il testo, che all’inizio parlava di distruzione e malinconia, viene alleggerito su richiesta della cantante, che preferisce un messaggio più solare. Ma la sostanza resta: è la storia, velata, di una prostituta che sogna il mare. Una melodia leggera, un significato profondo, una voce straordinaria. In una parola: arte.
Ovviamente, l’elenco dei tormentoni potrebbe continuare fino all’alba: da Vamos a bailar di Paola & Chiara fino ad Asereje delle Las Ketchup, dalla Lambada a Despacito. Eppure, guardandosi indietro, è inevitabile notare una differenza. Le hit del passato erano costruite per durare: melodie orecchiabili sì, ma con arrangiamenti solidi, testi intelligenti (spesso firmati da giganti della parola come Pallavicini o Pace), voci riconoscibili, carisma. Oggi le canzoni dell’estate nascono spesso su algoritmi, vivono su social, muoiono dopo una story. Sono progettate per l’effetto immediato, per il balletto virale, per il loop da piattaforma.
Eppure – paradossalmente – molti giovani riscoprono quei brani da boomer, li cantano su TikTok, li ballano nei reel, li canticchiano senza nemmeno sapere di chi siano. Forse è proprio questo il segreto dei veri tormentoni: sopravvivere al tempo, attraversare generazioni, parlare linguaggi diversi ma con la stessa intensità. Come certi amori estivi, che sembrano finiti e invece ritornano, sempre con quella nota familiare, dolce, struggente. In fondo, chi non cerca l’estate tutto l’anno?