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Sudafrica: ma gli afrikaner, cui Trump ha offerto la cittadinanza, sono veramente in pericolo?

Redazione
 

Ha fatto rumore l'offerta di dare la cittadinanza degli Stati Uniti avanzata da Donald Trump nei confronti degli afrikaner, i discendenti bianchi dei primi coloni del Sudafrica, come risposta ad una legge che prevede l'espropriazione delle loro terre.

Sudafrica: ma gli afrikaner, cui Trump ha offerto la cittadinanza, sono veramente in pericolo?

Una offerta che riguarda il 7% delle popolazione del Sudafrica e che gli afrikaner sembrano non avere molto gradito. Almeno a sentire i leader della minoranza bianca, composta dai discendenti dei primi coloni stanziatisi nel Paese e che arrivavano dalla Francia, dai Paesi Bassi e dalla Germania e che poi avrebbero costituito la base politica dell'apartheid.

Oggi i nazionalisti afrikaner dicono che non se la passano poi così male, anche se le politiche adottate dal governo sudafricano per correggere le disuguaglianze derivanti dall'apartheid qualche timore lo incutono.
Qualcuno - appartenendo alla frangia dei duri e puri degli afrikaner - parla di "genocidio" facendo riferimento agli omicidi di contadini bianchi, ma la maggioranza lega questi fatti al più ampio problema della sicurezza nel Paese.

Il 7 febbraio, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, cogliendo di sorpresa tutti coloro che non fanno parte della ristretta cerchia di consiglieri (tra cui l'onnipresente Elon Musk, appunto d'origine sudafricana), ha offerto loro asilo tramite un ordine esecutivo con il quale ha anche annunciato la sospensione di tutti gli aiuti statunitensi al Sudafrica. Nei confronti del governo di Pretoria, Trump ha mosso le accuse di "violare i diritti umani" e di "danneggiare la politica estera americana", contestando anche la decisione del Sudafrica di denunciare Israele alla Corte internazionale di giustizia e di essere vicino all'Iran.

Tra i punti della politica del governo sudafricano nel mirino di Trump la discriminazione e l'adozione di una legge che avrebbe lo scopo di "consentire al governo di sequestrare le proprietà agricole della minoranza etnica afrikaner senza indennizzo".

Ma questa disponibilità di Trump a spalancare le porte degli Stati Uniti ai discendenti bianchi dei colonizzatori è stata cortesemente rifiutata. "Dobbiamo dirlo in modo categorico: non vogliamo andare da nessun'altra parte, non chiederemo ai nostri figli di trasferirsi in un altro Paese", ha affermato sabato Kallie Kriel, presidente dell'AfriForum. "Siamo di qui e non andiamo da nessuna parte ", ha continuato, specificando però di "apprezzare" il "riconoscimento della discriminazione che subiscono gli afrikaner" .

"Ciò che vogliamo è la libertà. Non siamo rifugiati", ha reagito anche il leader del movimento Orania, Joost Strydom, sul social network X. Con sede nella regione del Karoo, al centro del Sudafrica, Orania è una comunità separatista bianca che si batte per la creazione di uno Stato afrikaner indipendente. Orania è di fatto una comunità esclusivamente bianca.

La Camera di commercio sudafricana negli Stati Uniti ha detto di di avere ricevuto 5.000 registrazioni in ventiquattro ore dopo aver creato una piattaforma informativa sul decreto del 7 febbraio chiamata "Refugee Update". Un numero che può sembrare elevato, ma non troppo se lo si mette a confronto con i 6 milioni di sudafricani la cui lingua principale è l'afrikaans (parlato dalla comunità afrikaner e dalla minoranza "di colore"), secondo il censimento del 2022.

Da parte sua, il Ministero degli Affari Esteri sudafricano, ha "preso atto" dell'iniziativa di Trump, che segue una serie di attacchi lanciati dal presidente americano il 2 febbraio e rilanciati da Elon Musk, e dal Segretario di Stato Marco Rubio.

Il governo sudafricano, denunciando una "campagna di disinformazione", ha affermato di essere "molto preoccupato" che il decreto si basi su "un presupposto privo di accuratezza e che non riconosce la profonda e dolorosa storia del colonialismo e dell'apartheid" . Sottolinea inoltre "l'ironia" di offrire lo status di rifugiato a "un gruppo che resta tra i più privilegiati del Sudafrica" .

La minoranza bianca, divisa principalmente tra afrikaner e discendenti dei coloni di lingua inglese, rappresenta il 7% della popolazione sudafricana. Di fatto, è ampiamente sovrarappresentata tra le categorie più abbienti del Paese. Secondo il Global Inequality Lab, quasi la metà del 10% più ricco della popolazione sudafricana appartiene a questa comunità. Lo stesso vale per la questione della terra: trent'anni dopo la fine dell'apartheid, secondo un'indagine condotta dal governo nel 2017, il 72% dei terreni agricoli è ancora nelle mani dei contadini bianchi.

È sulla base di questa osservazione, che stabilisce il Sudafrica come il paese più diseguale al mondo, che l'African National Congress (ANC) ha fatto di ciò che chiama "politiche di trasformazione" la pietra angolare del suo programma da quando è salito al potere con l'elezione di Nelson Mandela nel 1994.

Ironicamente, l'ANC è criticato dalla sua base per la lentezza della "trasformazione" del Sudafrica post-apartheid e per le persistenti disuguaglianze. Questo è uno dei motivi per cui il partito ha subito una battuta d'arresto storica alle elezioni del maggio 2024. Perdendo per la prima volta la maggioranza assoluta all'Assemblea nazionale, è stato costretto a formare un'ampia coalizione per mantenere il potere.

La legge sull'espropriazione firmata dal presidente Cyril Ramaphosa vuole "promuovere l'inclusività". Ma mentre consente l'espropriazione di terreni senza indennizzo in determinate condizioni, i giuristi concordano nel dire che esclude uno scenario di sequestri di terreni su larga scala, come è avvenuto nei primi anni 2000 in Zimbabwe, allora guidato da Robert Mugabe.

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