Esteri

Siria: l'incerto futuro delle comunità cristiane

Barbara Bizzarri
 

Tra i cori entusiasti e piuttosto incauti che hanno acclamato il rovesciamento del regime di Assad, serpeggiava un dubbio che non ha trovato però molta eco sui media: cosa ne sarebbe stato dei cristiani di Siria, a cui Al Jolani ha raccomandato di "stare sereni", ma basterebbe avere letto il Corano per sapere che, in effetti, non può essere così.

Siria: l'incerto futuro delle comunità cristiane

Dubitando che il nuovo regime chiederà loro il pagamento della decima, di sicuro tanto tranquilli non possono stare. Un eminente docente universitario mi disse una volta che "con Assad si poteva almeno parlare", e che più volte il leader, ora deposto, della Siria aveva chiesto che il suo Paese non finisse in mano ai fondamentalisti.

Ora, ciò che potrà fare Al Jolani ancora non si sa, forse però si comincia a temere. C'è una comunità cristiana in Siria fin dal primo secolo d.C. che si sta riducendo rapidamente e deve affrontare nuove minacce mentre il governo del Paese stringe alleanze con musulmani intransigenti, tra cui jihadisti stranieri: uiguri dalla Cina, uzbeki dall'Asia centrale, ceceni dalla Russia, afghani e pakistani.

Monsignor Michael Nazir-Ali, ex vescovo anglicano di Rochester, ora sacerdote cattolico dell'Ordinariato, ha scritto un articolo straziante per The Spectator sui cristiani di Maaloula, nella Siria sud-occidentale. È una delle ultime comunità rimaste a parlare siriaco, un dialetto dell'aramaico, la lingua di Gesù Cristo, della Sacra Famiglia e degli Apostoli: "Se questa comunità venisse distrutta, qualcosa di prezioso e insostituibile andrebbe perso", scrive.

Eppure è esattamente ciò che potrebbe accadere: quando l'allora vescovo Nazir-Ali visitò la città nel 2016, scoprì che i predecessori dei jihadisti che hanno rovesciato Bashar al-Assad "avevano sistematicamente distrutto e profanato le chiese e i monasteri della città. Le suore ortodosse erano state rapite e tenute in ostaggio e i giovani erano stati individuati e giustiziati quando si erano rifiutati di convertirsi alla versione estremista dell'Islam".

Accadrà di nuovo? Ci si può davvero fidare di Ahmad al-Sharaa, capo della nuova amministrazione transitoria (?) siriana, che ha detto ai leader della Chiesa che non hanno nulla da temere? Come dice Nazir-Ali, è tempo che l'Occidente agisca.

"Alcuni dei momenti più toccanti della mia vita sono stati pregare con la gente del paese e aiutare a riconsacrare un antico altare che era stato profanato dai militanti", scrive Nazir-Ali, aggiungendo che Maaloula non è solo un'altra cittadina presa nel fuoco incrociato della brutale guerra civile siriana. Per i cristiani, la sua importanza risiede nel fatto che è una delle ultime comunità rimaste a parlare siriaco e se questa comunità venisse distrutta, qualcosa di prezioso e insostituibile andrebbe perso. Quanto accaduto a Maaloula non è l'unica atrocità vissuta dai cristiani durante questo lungo conflitto.

Ci sono molti ecclesiastici che sono stati rapiti e non sono mai stati ritrovati, "come il mio amico Mar Yohanna Ibrahim, vescovo siro-ortodosso di Aleppo, e Paul Yazigi, vescovo della Chiesa greco-ortodossa in Siria. Dobbiamo supporre che siano stati uccisi", riflette il sacerdote, che non nasconde la sua preoccupazione nell’apprendere che Maaloula è, ancora una volta, sotto attacco.

Diversi resoconti affermano che le famiglie estremiste, che erano state allontanate dalla città dopo la sua riconquista da parte dell'esercito dopo il 2016, stanno ora tornando, e i cristiani sono minacciati, colpiti e le loro proprietà confiscate.

Dopo gli ultimi attacchi, come altri gruppi etnici e religiosi, si erano armati per proteggere le loro comunità ma queste misure sono usate come scusa dalle forze ribelli per organizzare operazioni armate contro le "milizie pro-Assad".
Un elemento del mix confuso che è la Siria oggi è la presenza di un gran numero di combattenti stranieri.

L'incidente dell'incendio dell'albero di Natale a Suqaylabiah, un'altra città a maggioranza cristiana, è stato opera di alcuni di questi, come ha riconosciuto il nuovo regime. È preoccupante che questi combattenti siano ora inseriti nell'esercito e alcuni siano stati nominati ad alti ranghi nelle forze armate. È stato anche dichiarato che verrà loro concessa la cittadinanza siriana per avere combattuto durante la ribellione contro il partito Ba'ath e il presidente Assad. È lecito dunque chiedersi come saranno integrati, con il loro storico rifiuto delle società plurali, in un Paese noto per la sua diversità etnica e religiosa.

Le proteste dei cristiani a Damasco durante il periodo natalizio dimostrano che c'è una diffusa ansia nella comunità cristiana su cosa riserverà loro il futuro. La popolazione dei cristiani è già stata drasticamente ridotta durante la guerra civile e l'estinzione di alcune delle più antiche comunità della Siria sarebbe una tragedia. Naturalmente, ciò che potrebbe accadere ai cristiani non può essere disgiunto da ciò che sta accadendo ad altri gruppi vulnerabili.

La Bbc ha segnalato tentativi di confisca di proprietà alawite nella provincia di Latakia da parte di gruppi ribelli e ci sono state segnalazioni di esecuzioni sommarie di soldati cristiani e alawiti catturati da parte di alcuni gruppi.

Data la loro esperienza con l'Isis in Iraq, anche gli yazidi temono per il futuro, così come i drusi: gli armeni hanno già iniziato a fuggire. Ci vorrà del tempo per elaborare una nuova costituzione e le elezioni sono ancora lontane: un'opzione che la comunità internazionale ha a disposizione è quella delle sanzioni imposte al regime di Assad per aver schiacciato la "primavera araba" nel 2011 e negli eventi che ne sono seguiti.

Dovrebbe essere chiaro ai nuovi governanti, che hanno poca esperienza di democrazia, che le sanzioni non saranno revocate a meno che non ci sia un rispetto dimostrabile per i diritti umani e le libertà fondamentali come la libertà di credo, espressione e religione, certificato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e da altri forum internazionali.

Quanto accade a Maaloula e Suqaylabiah potrebbe essere un avvertimento dei pericoli che corrono le minoranze etniche e religiose nella nuova Siria, dove non deve essere permesso che accada di nuovo ciò che è avvenuto in Iraq con l'Isis e con i talebani in Afghanistan: per il bene di tutta la sua gente e per la stabilità nella regione e oltre.

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