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Sicurezza alimentare, l’allarme di Coldiretti: quasi un caso al giorno nel 2025 per cibi stranieri contaminati

Redazione
 
Sicurezza alimentare, l’allarme di Coldiretti: quasi un caso al giorno nel 2025 per cibi stranieri contaminati

Nel corso del 2025, l’Italia ha registrato quasi un allarme alimentare al giorno, una media inquietante che solleva interrogativi sulla sicurezza dei cibi importati dall’estero. A lanciare l’allerta è Coldiretti, sulla base dei dati raccolti dal sistema di allerta rapido europeo Rasff, in occasione della Giornata mondiale della sicurezza alimentare, celebrata sabato scorso sotto l’egida dell’Organizzazione mondiale della sanità. Quest’anno l’Oms ha posto l’accento sul ruolo determinante della scienza nel garantire alimenti salubri, ricordando che ogni anno 600 milioni di persone nel mondo si ammalano a causa di cibo contaminato.

Sicurezza alimentare, l’allarme di Coldiretti: quasi un caso al giorno nel 2025 per cibi stranieri contaminati

Dall’analisi emerge un quadro allarmante. Tra i prodotti più incriminati spiccano le arachidi cinesi contenenti aflatossine cancerogene ben oltre i limiti consentiti, le arance egiziane trattate con Chlorpropham, un pesticida bandito dall’Unione europea dal 2020, e ancora pistacchi, pollo e pesce che compaiono con regolarità sulle tavole italiane. Una lista nera che si allunga giorno dopo giorno, sollevando interrogativi sulla reale efficacia dei controlli alle frontiere e sulla tutela dei consumatori.

La mappa delle criticità, stilata da Coldiretti, conferma la pervasività delle sostanze nocive in numerosi alimenti importati. Le aflatossine, tossine naturali ad azione cancerogena, sono state individuate in quantità preoccupanti nel burro d’arachidi indiano, nei pistacchi provenienti da Turchia, Stati Uniti e Iran e nei fichi secchi turchi, segnalati con particolare frequenza. La Turchia, infatti, si posiziona al primo posto nella classifica dei Paesi con il maggior numero di prodotti respinti alle dogane europee, seguita da Polonia e Spagna.

Nel riso pakistano sono stati riscontrati residui di Clorpyrifos, un altro pesticida vietato in Europa, rilevato anche nel pepe peruviano insieme ad altre sostanze tossiche. Particolarmente preoccupanti anche i livelli di mercurio rinvenuti nel tonno spagnolo, un pesce largamente consumato in tutto il continente. Non mancano poi i rischi microbiologici: salmonella nel pollo polacco, norovirus nelle ostriche francesi e olandesi, che dimostrano come le minacce alla sicurezza alimentare non siano legate solo ai prodotti asiatici o africani, ma coinvolgano anche Paesi membri dell’Unione Europea.

Secondo l’ultima relazione dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), i prodotti alimentari stranieri sono otto volte più pericolosi rispetto a quelli italiani. La percentuale di campioni con residui chimici irregolari si attesta al 5,6% per le importazioni, contro appena lo 0,7% dei prodotti Made in Italy. Un dato che sottolinea l’elevata qualità e sicurezza della filiera agroalimentare nazionale, frutto di controlli rigorosi, tracciabilità e normative severe.

Coldiretti sottolinea come questo divario debba far riflettere sulle attuali regole del commercio internazionale e sulla necessità di introdurre criteri più stringenti per le importazioni da Paesi che non adottano gli stessi standard sanitari, ambientali e sociali richiesti ai produttori europei. Alla luce di questo scenario, Coldiretti rilancia due proposte fondamentali. La prima è l’introduzione del principio di reciprocità: chi esporta verso l’Europa deve rispettare le stesse regole che vigono per i produttori europei, sia in termini di sicurezza alimentare sia di sostenibilità ambientale e diritti dei lavoratori.

Non possiamo accettare – spiega l’associazione – che prodotti coltivati con pesticidi vietati, o ottenuti in condizioni di sfruttamento, finiscano sulle nostre tavole a prezzi stracciati, danneggiando salute e agricoltura. La seconda proposta riguarda la trasparenza in etichetta. Coldiretti ha avviato a Bruxelles una campagna europea per una legge di iniziativa popolare con l’obiettivo di raccogliere un milione di firme. La richiesta è chiara: rendere obbligatoria l’indicazione dell’origine degli ingredienti su tutti i prodotti alimentari venduti nell’Unione Europea.

Solo così, afferma l’associazione, si potrà porre fine all’inganno dell’“italian sounding”, ovvero la vendita di cibi esteri spacciati per italiani, spesso grazie ad astuzie normative che consentono di etichettare come “Made in Italy” prodotti che hanno subito l’ultima trasformazione nel nostro Paese, anche se minima. È il caso, ad esempio, dei semilavorati cinesi che, una volta confezionati o mescolati con altri ingredienti in Italia, acquisiscono l’etichetta tricolore pur non avendo nulla di italiano nella sostanza. Un fenomeno che, oltre a minare la fiducia dei consumatori, mette a rischio il reddito degli agricoltori italiani che operano nel rispetto delle regole.

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