Politica

Daniela Santanchè cambia avvocato, ma si allarga la distanza con Fratelli d'Italia

Demetrio Rodinò
 
Daniela Santanchè cambia avvocato, ma si allarga la distanza con Fratelli d'Italia

Ogni cittadino italiano (come speriamo in ogni altro angolo del mondo, anche se siamo notoriamente ottimisti) ha il diritto di potersi difendere come crede quando è accusato di un reato o di un delitto.
Cioè, è lecita ogni cosa egli - e per lui il suo difensore - decida di fare per cercare di vedere riconosciuta la sua innocenza. Anche perché, come si usa dire negli ambienti forensi, il tempo è il migliore alleato di un avvocato.

Daniela Santanchè cambia avvocato, ma si allarga la distanza con Fratelli d'Italia

E comunque restando la certezza che davanti alla Legge tutti siamo uguali. Anche se ogni tanto bisogna pure dire che ci sono persone che sono meno uguali degli altri, perché hanno cariche talmente alte e di prestigio che da loro ci si aspetta che non facciano ricorso a tattiche di guerriglia giudiziaria pur di procrastinare una decisione dei giudici.

Il riferimento è alla scelta della ministra Daniela Santanchè di sostituire uno dei componenti il collegio di difesa alla vigilia dell'udienza che deve decidere un suo eventuale rinvio a giudizio per l'accusa di truffa ai danni dell'Inps.

Una decisione - quella di scegliere un avvocato diverso da quello che sino ad oggi l'ha assistita - che rispettiamo e che, a rigore di logica, dovrebbe avere una fondata giustificazione. Ma è una decisione che, per la tempistica, ha come prima conseguenza quella di un rinvio per consentire al nuovo avvocato, in virtù del diritto della difesa a conoscere i fatti di causa, di prendere conoscenza delle carte del processo.
Rispetto, quindi, per il diritto del cittadino Santanchè.

Perplessità se, dietro il cittadino Santanchè, c'è un ministro della repubblica che, per il fatto stesso di trovarsi in questa situazione (che ''doppia'' l'altro procedimento, per i bilanci della società Visibilia) avrebbe forse dovuto da tempo fare un passo indietro, pure se convinta di essere innocente, trattandosi di cose che le vengono contestate per vicende che riguardano la sua sfera professionale, ma che, però, si riverberano sul suo essere parte del governo.

Questa vicenda, che si trascina da tempo (tra accuse, repliche, dichiarazioni in Parlamento che qualcuno ha definito non veritiere, inchieste giornalistiche e quant'altro possa legarsi a un processo con siffatto imputato), avrebbe dovuto risolversi ben prima dal punto di vista politico. Perché, anche se pubblicamente, compagni di partito (Fratelli d'Italia) e alleati le sono stati sino ad ora convintamente accanto, Santanchè ha visto una crescente freddezza nei confronti di chi, se facesse come Celestino V il ''gran rifiuto'', si accrediterebbe di un gesto di grande dignità, togliendo nel contempo qualche castagna dal fuoco al Governo.

Il paradigma secondo il quale il politico rappresenta il popolo prima che sé stesso è, ormai, caduto in disuso e le vicende personali vengono fatte prevalere sull'aspetto pubblico. Non ci interessa sapere se Daniela Santanché sia, come l'accusano i pm, una falsificatrice di bilanci o una truffatrice. Diranno i tribunali chi ha ragione.

Ma è evidente che la pervicacia con cui vuole restare incollata alla poltrona fa sembrare Vittorio Alfieri - quello del ''volli, e volli sempre, e fortissimamente volli'' - uno che non sapeva resistere alle tentazioni.
Anche se le parole del capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Galeazzo Bignami, sembrano certificare che il partito non vede l'ora di sbarazzarsi dell'ingombrante fardello. Per Bignami, se dovesse arrivare un rinvio a giudizio, le dimissioni di Santanchè dovrebbero essere conseguenziali. Affinché, ha detto, strappando forse qualche sorriso, possa difendersi meglio e nel modo più sereno possibile. Se non è un addio, è un arrivederci o magari, un 'ciaone'.

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