Insomma è ufficiale: dall’anno prossimo il 4 ottobre, giorno di San Francesco, si fa tutti seg… pardon, è festa nazionale! Lo ha stabilito la legge, e il presidente della Repubblica, con la pazienza di Giobbe e la penna di un notaio che non dorme mai, l’ha promulgata.
Il divin pasticcio: San Francesco ottiene la festa, Santa Caterina la penitenza e Mattarella la pazienza
Ma non senza un garbato, anzi sottilmente acido, appunto tecnico. Perché Mattarella, che conosce la grammatica delle leggi meglio di quanto noi conosciamo quella delle lavatrici, ha fatto notare che qualcosa non torna. O meglio: torna due volte. La data del 4 ottobre, infatti, è già “solennità civile” in onore di Santa Caterina da Siena. E ora diventa anche festa nazionale. Due santi, una sola giornata: la Chiesa sarà anche per tutti ma il calendario, quello laico, non prevede miracoli di bilocazione.
«La medesima giornata non può essere qualificata, al contempo, sia festività nazionale sia solennità civile» ha scritto il Presidente alle Camere, con quella fermezza da padre che, dopo aver firmato la pagella, aggiunge una nota: “Ma studiate, per favore”. Una lettera che, tradotta dal politichese all’italiano corrente, suona più o meno così: “Ragazzi, va bene la devozione, ma almeno mettetevi d’accordo su chi tiene il banco”. Intanto ad Assisi, dove di solito le notizie fluttuano con la leggerezza di una colomba, nessuno commenta. I frati del Sacro Convento, che hanno appena accolto Giorgia Meloni per la celebrazione, preferiscono il registro spirituale: “Siamo lieti che San Francesco sia occasione di pace e fraternità”. Amen. Ma anche un po’ “non ci riguarda, parlatene con chi scrive le leggi col correttore automatico disattivato”.
Il punto, però, non è solo teologico. È pratico. Perché se San Francesco è festa nazionale, le scuole saranno chiuse. E se le scuole sono chiuse, nessuno potrà organizzare quelle iniziative educative tanto care alla solennità civile di Santa Caterina. Insomma, mentre si celebra il santo della semplicità, il Paese rischia l’ennesimo cortocircuito burocratico. Della serie: se santità è una virtù, la chiarezza normativa in Italia resta un miracolo come quello di San Gennaro. E Mattarella, che sa sempre tutto ma proprio tutto tutto, lo sa. Per questo, nel promulgare la legge, ha usato un tono da docente di diritto stanco ma ancora speranzoso: “Non posso non sottolineare l’esigenza che i testi legislativi presentino contenuti chiari e inequivoci”.
In altre parole: cari parlamentari, non potete canonizzare una data e pretendere che si autogestisca come i licei in corso di occupazione. E così ora, mentre l’Italia si prepara a un nuovo giorno rosso sul calendario (magari con weekend lungo non da corteo ma da sagra della porchetta), al Quirinale, tanto per non perdere l’allenamento, si resta perplessi. Due santi in un giorno solo non li aveva messi nemmeno il Vaticano. Del resto, la sfida è impari: San Francesco parlava agli animali, Santa Caterina ai governanti. E, senza offesa per i secondi, c’è da pensare che coi primi si possano avere più soddisfazioni: i lupi ascoltano, i politici al massimo ululano.