Economia

Industrie del mare, la rotta per l’attrattività-Paese, numeri, sfide e strategie dal Forum “Risorsa Mare”

Redazione
 
Industrie del mare, la rotta per l’attrattività-Paese, numeri, sfide e strategie dal Forum “Risorsa Mare”
L’Italia rimette il mare al centro della propria agenda economica e geopolitica. La terza edizione del Forum “Risorsa Mare”, realizzata da Teha Group in collaborazione con il Ministro per le Politiche del mare e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio, aggiorna la mappa del valore generato dalle filiere blu e indica le priorità per trasformarlo in un vantaggio competitivo duraturo.

Industrie del mare, la rotta per l’attrattività-Paese, numeri, sfide e strategie dal Forum “Risorsa Mare”

I numeri fotografano un sistema già decisivo: nel 2023 l’Economia del Mare ha sprigionato 77 miliardi di euro di valore aggiunto diretto; applicando il moltiplicatore 1,8 il contributo complessivo sale a 217 miliardi (oltre l’11% del Pil). Se fosse una regione, l’economia blu sarebbe la terza in Italia, dietro Lombardia e Lazio. Il Mezzogiorno pesa per il 32,5% del valore aggiunto diretto (25 miliardi), con la Sicilia in prima fila.

Il Libro Blu 2025 di Teha concentra l’analisi su tre pilastri - industria marittima, subacquea e turismo costiero - dentro una visione che integra ambiente, logistica ed economia e che chiede più convergenza tra politiche pubbliche e investimenti privati. «La crescente centralità del mare nelle politiche economiche premia gli sforzi degli imprenditori, ma impone di affrontare sfide di grande portata, dalla conquista della dimensione subacquea alla transizione energetica. Risorsa Mare diventa così un cantiere di idee per noi legislatori», afferma il ministro Nello Musumeci.

Per Valerio De Molli, managing partner & ceo di The European House - Ambrosetti e Teha Group (in foto), «Risorsa Mare è il momento annuale di rendicontazione dell’avanzamento del Piano del Mare, di stimolo alla collaborazione tra operatori e di individuazione di linee strategiche da perseguire. L’industria marittima, la subacquea e il turismo costiero sostenibile sono le filiere su cui l’Italia può e vuole competere: le sfide sono molte e pubblico e privato devono procedere insieme».

La cantieristica resta un’eccellenza del made in Italy ad alta complessità tecnologica con una quota del 51% nei superyacht e del 40% nelle navi da crociera. L’industria armatoriale sostiene oltre 100 mila occupati, è seconda in Ue-27 per numero di navi, prima per short-sea shipping e leader mondiale per valore della flotta traghetti. Ma l’ultimo decennio ha visto oltre 200 unità in meno iscritte al registro navale (-15,1%), segnale della necessità di semplificare la governance: non a caso, a novembre 2024 è approdato il primo disegno di legge per la valorizzazione della Risorsa Mare.

Sul versante costi, la doppia stretta di FuelEU e Ets rende irrealistico per gli operatori finanziare da soli il rinnovo delle flotte: il credito d’imposta al 30% prospettato non basta. Il Libro Blu propone quindi una strategia fondata su due pilastri: transizione energetica (carburanti alternativi, cold ironing, innovazione di bordo) e capitale umano. Gli “mestieri del mare” vanno resi attrattivi attraverso nuovi percorsi Its e accademici co-progettati con armatori e industria, con forte enfasi su competenze digitali, green e logistiche.

La dimensione subacquea è la nuova frontiera. Oggi conosciamo poco più di un quarto dei fondali; il valore globale del settore potrebbe superare i 400 miliardi nel prossimo decennio. Teha stima per la prima volta in Italia una filiera subacquea da circa 2,3 miliardi di euro di valore aggiunto (2023). È un ambito strategico per la resilienza delle infrastrutture, il 99% delle telecomunicazioni corre su dorsali sottomarine e la rete energetica via mare richiede tecnologie di sorveglianza e sicurezza dedicate. Sotto la superficie, inoltre, si concentra una quantità di materiali strategici stimata 20 volte superiore alla terraferma. L’istituzione del Polo Nazionale della Subacquea (dicembre 2023) offre un vantaggio da consolidare puntando, con risorse mirate, su sensoristica avanzata, sistemi di sorveglianza e tecnologie per la sicurezza, e attivando capitali privati anche via fondi specializzati.

Capitolo turismo: l’Italia è primo hub crocieristico d’Europa con 13,4 milioni di passeggeri e circa 15 miliardi di valore aggiunto. Eppure è solo sesta per numero di porti turistici, spesso segnati da carenze di servizi e difformità fiscali. Rafforzare gli scali dell’Adriatico - da Bari a Brindisi - connessi in ottica intermodale al resto del Paese è decisivo per non cedere traffici a Croazia e Grecia. La valorizzazione dei 67 arcipelaghi e isole minori e di 1.000 siti archeologici subacquei (oggi visitati in media da poche centinaia di persone l’anno) passa da regole più omogenee, canoni concessori chiari e governance professionale, la gestione comunale del demanio marittimo, oggi prevalente, spesso non dispone di competenze tecniche adeguate. Va sanata anche l’ambiguità sull’applicazione della direttiva Bolkestein alle concessioni turistiche, esclusa dal diritto Ue e dalla Corte di Giustizia.


I porti sono la vetrina del sistema-Paese e il fulcro dell’industria blu. Oltre il 30% degli spazi portuali italiani è sottoutilizzato: una potenziale leva per insediare cantieristica, attività subacquee e logistica a valore aggiunto, in particolare al Sud. La partita della decarbonizzazione del trasporto marittimo si gioca proprio qui: cold ironing, metanolo e idrogeno richiedono infrastrutture e stoccaggi dedicati.

Da qui la proposta di poli della cantieristica nel Mezzogiorno, sfruttando sinergie con la difesa (tecnologie a doppio uso) e canalizzando sul territorio parte del piano “Readiness 2030”. Nel quadro internazionale, infine, pesano gli shock geopolitici (Mar Rosso) e la possibile accelerazione della maritime economy Usa: per restare in scia, l’Italia deve garantire un quadro normativo competitivo, certezza degli incentivi e una cabina di regia capace di allineare investimenti pubblici e privati.

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