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RDC-Ruanda: accordo di pace in vista per la regione orientale con la mediazione Usa

Redazione
 
RDC-Ruanda: accordo di pace in vista per la regione orientale con la mediazione Usa

Un potenziale spiraglio di risoluzione si apre per la regione orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC). La prossima settimana, infatti, la RDC e il Ruanda dovrebbero siglare a Washington, ma il condizionale è d’obbligo, un accordo di pace cruciale, frutto della mediazione degli Stati Uniti, con l'obiettivo dichiarato di porre fine a decenni di sanguinosi conflitti.

RDC-Ruanda: accordo di pace in vista per la regione orientale con la mediazione Usa

L'intesa preliminare, annunciata congiuntamente dai due Paesi e dal Dipartimento di Stato americano, copre punti fondamentali, come il disarmo e l'integrazione dei numerosi gruppi armati che imperversano nella RDC orientale, oltre a prevedere il ritorno di rifugiati e sfollati interni. La firma ufficiale è attesa per il 27 giugno.

La parte orientale della RDC è da tempo immemore una polveriera, un crocevia di interessi e violenze scatenate dalla corsa all'accaparramento di immense risorse naturali: tantalio, oro, cobalto, rame e litio, minerali preziosi che alimentano l'economia globale. Kinshasa ha puntato il dito contro il vicino Ruanda, accusandolo di supportare uno dei gruppi armati più influenti della regione, i ribelli dell'M23. Accuse corroborate anche da esperti delle Nazioni Unite, che stimano un supporto ruandese con circa 4.000 soldati, un'affermazione che Kigali ha categoricamente smentito.

Il conflitto ha conosciuto una recrudescenza a gennaio, quando i ribelli dell'M23 hanno compiuto un'avanzata significativa, conquistando la strategica città di Goma, seguita a febbraio dalla presa di Bukavu. La bozza dell'accordo include clausole essenziali, tra cui il "rispetto dell'integrità territoriale e il divieto di ostilità", oltre al "disimpegno, disarmo e integrazione condizionata dei gruppi armati non statali".

Questo impegno al rispetto reciproco dei confini e alla riabilitazione dei combattenti è un pilastro fondamentale per una pace duratura. L'amministrazione Trump ha espresso ottimismo riguardo la possibilità di sbloccare ingenti investimenti occidentali nella RDC orientale. Il Segretario di Stato americano, Marco Rubio, aveva già descritto in precedenza la prospettiva di pace come una "soluzione vantaggiosa per tutte le parti coinvolte", sottolineando il potenziale di sviluppo economico che ne deriverebbe.

Nonostante la RDC e il Ruanda non siano formalmente in guerra, i loro rapporti sono da anni tesi e costellati di reciproche accuse. In passato, si sono succeduti numerosi tentativi di mediazione, spesso falliti o arenati, inclusi colloqui ospitati dal Qatar. L'Angola, che aveva assunto un ruolo di mediatore, si è ritirata a marzo dopo vari infruttuosi sforzi per sedare le ostilità nella RDC orientale. L'M23, sebbene sia solo una delle circa cento fazioni armate che lottano per il controllo della regione, si distingue per la sua composizione, prevalentemente di etnia Tutsi, che lamenta una mancata integrazione nell'esercito della RDC.

Il gruppo dichiara di agire per difendere i Tutsi e i congolesi di origine ruandese dalla discriminazione, ma i critici sostengono che la sua campagna, supportata dal Ruanda, sia in realtà un pretesto per consolidare un'influenza economica e politica nell'est del Congo. In questo scenario, il presidente ruandese Paul Kagame accusa il suo omologo congolese, Felix Tshisekedi, di trascurare le preoccupazioni dell'etnia Tutsi e di ignorare gli accordi di pace precedentemente stipulati. A complicare il quadro, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha recentemente denunciato violazioni dei diritti umani da parte di tutti i soggetti coinvolti nel conflitto: i ribelli dell'M23, i militari della RDC e i gruppi armati alleati. Turk ha affermato che alcune di queste violazioni "potrebbero costituire crimini di guerra", lanciando un ulteriore monito sulla gravità della situazione sul campo.

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