Economia

Povertà assoluta: quasi 5,7 milioni gli italiani colpiti, il Sud registra solo 13 euro pro capite di welfare

Redazione
 
Povertà assoluta: quasi 5,7 milioni gli italiani colpiti, il Sud registra solo 13 euro pro capite di welfare

La povertà assoluta in Italia si conferma come un fenomeno profondamente radicato, che ha assunto ormai i contorni di una crisi strutturale. Negli ultimi dieci anni i numeri non hanno fatto che crescere, arrivando oggi a toccare quasi una persona su dieci, secondo quanto sottolineato da Alleanza contro la Povertà.

 

Povertà assoluta: quasi 5,7 milioni gli italiani colpiti, il Sud registra solo 13 euro pro capite di welfare

 

In un documento di approfondimento, l’organizzazione denuncia come le risposte politiche messe in campo fino a oggi siano state insufficienti, incapaci di affrontare in maniera efficace un’emergenza che riguarda milioni di cittadini, e propone una serie di interventi concreti volti a garantire dignità e protezione.

 

Secondo gli ultimi dati Istat, evidenzia il report, nel 2023 erano in povertà assoluta 2,2 milioni di famiglie, pari a 5,7 milioni di individui, cioè il 9,7% della popolazione. Particolarmente allarmante è la situazione dei minori: più di 1,3 milioni di bambini e adolescenti, il 13,8% del totale, vivono in famiglie povere, con incidenze ancora più elevate tra i nuclei numerosi, monogenitoriali e tra le famiglie con cittadini stranieri, in cui la povertà assoluta raggiunge il 35%.

 

Le cause principali, secondo Alleanza contro la Povertà, vanno dall’inflazione crescente, soprattutto su alimenti e abitazioni, alla precarietà lavorativa, ai bassi salari, al caro-affitti, fino alla debolezza dei servizi sociali territoriali, incapaci di fornire risposte efficaci.

 

La transizione dal Reddito di Cittadinanza all’Assegno di Inclusione (Adi) ha ulteriormente aggravato la situazione. Con il Rdc, circa 1,3 milioni di nuclei familiari beneficiavano di sostegno, mentre l’Adi raggiunge oggi appena 695 mila nuclei, cioè circa 1,7 milioni di persone, riducendo drasticamente la capacità del sistema di protezione sociale.

 

L’Alleanza propone quindi di ampliare la platea dei beneficiari, superare i vincoli di residenza che penalizzano gli stranieri, consentire l’integrazione dei benefici con redditi da lavoro, indicizzare pienamente gli importi all’inflazione e rafforzare i servizi sociali locali, accanto all’attivazione di tavoli tecnici e intergruppi parlamentari permanenti.

 

Un’analisi più fine dei dati regionali mette in luce un paradosso strutturale: le aree più colpite dalla povertà sono anche quelle con minori risorse da destinare al contrasto del fenomeno. Nel Mezzogiorno, dove l’11,2% delle famiglie vive in povertà assoluta, la spesa media pro capite tra i 18 e i 64 anni non supera i 13 euro, mentre nel Nord-est tocca i 29 euro, più del doppio rispetto al Sud.

Nel Nord-ovest la spesa media si attesta a 25 euro, nelle Isole a 26 euro e nel Centro a 22 euro. Una distribuzione che evidenzia come le zone più colpite dal disagio coincidano con quelle in cui le amministrazioni locali dispongono di minori entrate fiscali e quindi di minori possibilità di intervento. I dati Istat mostrano inoltre come i municipi italiani abbiano ridotto le risorse complessive destinate alle persone in difficoltà: nel 2022 sono stati spesi circa 800 milioni di euro, 102 milioni in meno rispetto al 2021, pari a un calo dell’11,3%.

Tutto questo mentre cresce la domanda di servizi: le persone assistite dai servizi sociali locali sono passate da poco più di 508 mila nel 2020 a oltre 559 mila nel 2022. Solo poche regioni, come Abruzzo, Molise, Sardegna, Liguria e Friuli-Venezia Giulia, hanno registrato un incremento o una stabilità nella spesa sociale, a conferma della storica disparità tra Nord e Sud. Sul fronte dei servizi di emergenza sociale, le unità mobili di strada hanno visto un forte aumento delle persone seguite: da 25.800 nel 2019 a oltre 34 mila nel 2022.

Nel contempo, le segnalazioni legate ad altre forme di emergenza sociale sono più che raddoppiate rispetto alla fase precedente alla pandemia. Le persone senza fissa dimora registrate all’anagrafe hanno superato le 33 mila unità, circa 8 mila in più rispetto a tre anni prima, mentre la distribuzione di beni essenziali come alimenti e vestiario, sebbene leggermente diminuita rispetto al 2021, ha coinvolto oltre 41.500 persone, a conferma di una condizione di disagio persistente e radicata.

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