Economia

Rivolta contro l'idea del Ministero della Cultura di fare cassa con una tassa sul cloud

Redazione
 
Rivolta contro l'idea del Ministero della Cultura di fare cassa con una tassa sul cloud

La decisione del Ministero della Cultura, resa esplicita nella nota del decreto del ministero che, alla scadenza della vigenza triennale, aggiorna le tariffe, per la 'cosiddetta ''copia privata'', di comprendere il cloud e i relativi dispositivi tecnologici (anche quelli rigenerati e rivenduti) per dialogare con la ''nuvola'', hanno scatenato una quasi totale rivolta da parte dei soggetti interessanti. Per copia privata di intende l'importo, su base forfettaria, che viene applicato sui dispositivi tecnologici al fine di riconoscere un compenso per le opere tutelate dal diritto d'autore.

Rivolta contro l'idea del Ministero della Cultura di fare cassa con una tassa sul cloud

In decreto è anche previso un incremento del venti per cento su quanto pagato per i dispositivi dotati di funzione di registrazione.
Associazioni del digitale, quali AIIP e Assintel, hanno espresso le loro critiche in un documento congiunto che definiscono l'ipotesi di estendere il compenso Siae al cloud storage e ai device ricondizionati, ''un ostacolo all’innovazione e una penalizzazione per PMI e startup italiane''.

Il documento, che contiene le osservazioni delle tre entità sul diritto d'autore, è fortemente critico, laddove afferma che ''estendere il compenso per copia privati ai servizi cloud, come previsto da una bozza, ha come rischio concreto rallentare la digitalizzazione del Paese e penalizzare le PMI italiane, spina dorsale del tessuto produttivo italiano''.

Nel 1992 il compenso era stato introdotto per riconoscere i diritti degli autori nel caso in cui il privato facesse copie personali delle opera seppure acquistate legalmente, con i supporti tecnici dell'epoca.

''Oggi - si legge nel documento congiunto - ci troviamo di fronte a una realtà diametralmente opposta e applicare lo stesso principio al cloud è fuorviante; lo storage remoto, infatti, non è un supporto fisico, ma un servizio virtuale che consente di archiviare, elaborare e condividere dati online, utilizzato in gran parte per contenuti autoprodotti.

I supporti che lo rendono possibile (es. server) hanno già scontato il contributo al momento dell’acquisto degli hardware. Estendere la tassa anche allo storage remoto significherebbe imporre un doppio prelievo del tutto sproporzionato rispetto alle finalità originarie della normativa, a danno di cittadini e aziende che usano il cloud soprattutto per contenuti autoprodotti o attività professionali, non per opere soggette a diritto d’autore''.

I firmatari del documento, inoltre, affermano che tassare le imprese che utilizzano il cloud per funzioni essenziali per la loro attività (come l'archiviazione, la sicurezza e oggi l'intelligenza artificiale) ''significherebbe colpire attività che nulla hanno a che vedere con la copia privata di opere protette, con il rischio di frenare lo sviluppo digitale delle PMI e delle startup italiane''. Per queste ragioni, le due associazioni chiedono che i servizi B2B vengano esclusi in modo chiaro e strutturale dall’applicazione del decreto.

La proposta, aggiungono AIIP e Assintel, a loro avviso ''contrasta apertamente anche con le strategie nazionali ed europee che, tramite PNRR e programmi UE, incentivano la migrazione al cloud come leva di crescita. Una tassa su questi servizi rischia di avere l’effetto opposto, frenando l’adozione di tecnologie cruciali come intelligenza artificiale, big data e sicurezza informatica''.

In un suo comunicato, Anitec-Assinform (altra associazione di settore, dice che ci si trova davanti ad un assurdo perché l'incremento del compenso Siae del 20 per cento viene deciso mentre il numero di copie private continua a diminuire, una tendenza già evidenziata lo scorso anno.

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