Esteri

Trump: vertice con Putin all’orizzonte e dazi al 100% sui semiconduttori

Barbara Leone
 
Trump: vertice con Putin all’orizzonte e dazi al 100% sui semiconduttori

Trump rilancia l’ipotesi di un vertice con Putin, parlando di “ottime prospettive” per un incontro imminente che, nelle sue intenzioni, potrebbe avvicinare la fine del conflitto ucraino. "Abbiamo avuto degli ottimi colloqui con il Presidente Putin oggi", ha detto Trump, aggiungendo con tono enfatico che “ci sono buone probabilità che potremmo arrivare alla fine di quella strada”.

Trump: vertice con Putin all’orizzonte e dazi al 100% sui semiconduttori

La dichiarazione, in primo piano su tutte le testate internazionali, segue il faccia a faccia svoltosi ieri a Mosca tra lo zar e l’inviato statunitense Steve Witkoff. Sebbene il presidente americano abbia precisato che non c’è stata “alcuna svolta”, due funzionari della Casa Bianca hanno confermato alla CNN che è stato lo stesso leader russo a proporre un incontro con Trump, ricevendo una risposta immediata: i collaboratori del presidente hanno già avviato i preparativi per possibili colloqui, che potrebbero svolgersi già la prossima settimana o entro due settimane.

In una telefonata con i leader europei, Trump ha annunciato che il vertice con Putin potrebbe essere seguito da colloqui trilaterali che includerebbero anche il presidente ucraino Zelensky. Una fonte governativa europea ha confermato a CNN il contenuto della telefonata. “I russi hanno espresso il desiderio di incontrare il presidente Trump, e il presidente è disponibile a incontrare sia il presidente Putin che il presidente Zelensky. Il presidente Trump vuole che questa guerra brutale finisca”, ha dichiarato la portavoce Karoline Leavitt. Intanto i bombardamenti russi proseguono senza sosta. Le truppe di Mosca stanno tentando di esercitare il controllo su Kherson, nell’Ucraina meridionale, colpendo un ponte strategico per dividere in due la città. Nick Paton Walsh, capo corrispondente per la sicurezza internazionale della CNN, ha raccontato la situazione drammatica parlando con civili feriti ricoverati in un ospedale locale.

Nel frattempo, la situazione nella Striscia di Gaza peggiora di giorno in giorno. Un nuovo rapporto di Human Rights Watch citato dalla CNN accusa Israele di aver colpito “illegalmente e indiscriminatamente” rifugi scolastici a Gaza utilizzando munizioni fornite dagli Stati Uniti, causando la morte di centinaia di civili. L’organizzazione con sede a New York ha pubblicato giovedì il rapporto “Gaza: gli scioperi scolastici israeliani amplificano il pericolo civile”, secondo cui in almeno due attacchi – costati la vita a quasi 50 persone – non è emersa alcuna evidenza di obiettivi militari. Israele sostiene che le scuole colpite fossero utilizzate come basi da Hamas, ma HRW ha trovato solo sette casi documentati in cui l’esercito ha pubblicato dettagli sui presunti combattenti uccisi. L’uso delle scuole come rifugio per civili non ne altera lo status di beni protetti, ricorda l’organizzazione, e la protezione cade solo se diventano obiettivi militari concreti.

Nel mentre, Al Jazeera riferisce che nelle ultime 24 ore almeno 13 persone sono state uccise in nuovi attacchi israeliani su Gaza, mentre altre cinque sono morte di fame. Ieri il numero totale dei morti era salito a 44, tra cui 18 persone in fila per ricevere aiuti umanitari. Secondo le fonti mediche locali, il bilancio delle vittime per malnutrizione ha ormai superato quota 190. Il quotidiano israeliano Haaretz rivela che l’amministrazione Trump avrebbe congelato 584 milioni di dollari di fondi federali destinati a università come l’UCLA, coinvolte in proteste pro-palestinesi. E secondo fonti diplomatiche, gli Stati Uniti si apprestano ad ammorbidire le critiche sui diritti umani non solo verso Israele, ma anche nei confronti di El Salvador e Russia. Il tutto mentre lungo il confine nord, Hezbollah ha respinto le pressioni del governo libanese affinché il movimento sciita deponga le armi, accusando Beirut di “tradimento nazionale”.

Sul fronte dazi, la notizia del giorno riguarda i semiconduttori. Come riportato dalla CBS e da tutti i media, Trump ha annunciato dazi fino al 100% su chip e semiconduttori importati, con l’obiettivo di spingere la produzione all’interno degli Stati Uniti. Durante un evento con il CEO di Apple Tim Cook, il tycoon ha detto che le aziende che decideranno di costruire impianti negli USA non saranno soggette alla nuova tassa, anche se non hanno ancora avviato la produzione. “Applicheremo una tariffa di circa il 100%, ma se si costruisce negli Stati Uniti d'America, non ci saranno costi”, ha dichiarato. I nuovi dazi dovrebbero essere formalizzati “entro la prossima settimana circa”, ha anticipato a CNBC. L’annuncio coincide con un impegno da 100 miliardi di dollari di Apple per la produzione negli USA, portando l’investimento complessivo dell’azienda a 600 miliardi nei prossimi quattro anni.

Il settore dei semiconduttori, dominato da Taiwan, è da tempo al centro delle preoccupazioni strategiche americane. L’amministrazione Biden aveva già varato il CHIPS Act nel 2022, offrendo decine di miliardi in sussidi alle imprese produttrici. Aziende come Intel, Texas Instruments e Taiwan Semiconductor Manufacturing Company stanno ora costruendo fabbriche negli USA, in alcuni casi in partnership con Apple. Secondo Bloomberg, però, le nuove misure rischiano di innescare tensioni su scala globale. L’India è già sul piede di guerra dopo che Trump ha raddoppiato i dazi al 50% sulle esportazioni indiane. La Svizzera è colpita da una tariffa del 39%, la più alta imposta dagli USA, che riguarda beni come orologi di lusso e capsule Nespresso. Nonostante le nuove barriere, le esportazioni cinesi sono inaspettatamente cresciute, secondo i dati pubblicati sempre da Bloomberg. Deutsche Telekom ha alzato le sue previsioni grazie alle forti vendite in USA e UE, mentre gli investitori internazionali hanno creato un fondo da 425 milioni di dollari per sostenere le startup australiane. Intanto i metalli industriali, come il rame, segnano un rialzo grazie all’aumento delle esportazioni dalla Cina. Dal Brasile arriva un altro segnale di tensione con Washington: il presidente Lula, intervistato da Reuters, ha annunciato una nuova politica di “sovranità nazionale” sui minerali strategici, per impedire che vengano esportati senza che sia aggiunto valore a livello locale. Lula ha inoltre dichiarato di voler discutere una risposta collettiva ai dazi USA con i Paesi BRICS – India e Cina in primis – sottolineando di non avere intenzione di “umiliarsi” con telefonate alla Casa Bianca. Né è disposto a cedere sulla richiesta americana di fermare il procedimento giudiziario contro l’ex presidente Bolsonaro.

Infine, il Guardian denuncia quello che potrebbe essere uno dei peggiori crimini di guerra del conflitto sudanese: l’attacco delle milizie RSF al campo profughi di Zamzam, nel Darfur settentrionale, avrebbe causato oltre 1.500 morti in sole 72 ore lo scorso aprile. Le testimonianze raccolte parlano di esecuzioni di massa, rapimenti e centinaia di civili ancora dispersi. Si tratterebbe della seconda più grave strage dall’inizio della guerra tra l’esercito sudanese e le RSF, esplosa nell’aprile 2023. Un conflitto segnato da atrocità sistematiche e da una catastrofe umanitaria che, per le agenzie internazionali, è la più grave al mondo oggi in corso.

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