In primo piano su tutti i media internazionali, la decisione della Francia e di altri Paesi occidentali di riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese. Ieri, nel corso dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Parigi ha annunciato una mossa destinata ad accrescere l’isolamento internazionale di Israele, impegnato a Gaza con quella che la CNN definisce una strategia di guerra “massimalista” e contestualmente impegnato ad ampliare gli insediamenti in Cisgiordania.
World Media Headlines: La Francia guida l’Europa nel riconoscimento della Palestina
Insieme alla Francia si sono schierati Monaco, Malta e Lussemburgo, che hanno espresso sostegno alla soluzione dei due Stati durante un vertice co-presieduto da Arabia Saudita e Francia a New York. Il Belgio, pur dichiarando l’intenzione di riconoscere la Palestina, ha posto condizioni precise: la rimozione di Hamas e la restituzione degli ostaggi. Il presidente Emmanuel Macron, intervenendo al vertice, ha parlato di “unica soluzione che permetterà a Israele di vivere in pace”, definendo il riconoscimento “una sconfitta per Hamas”.
Ha ribadito che i diritti del popolo palestinese non tolgono nulla a quelli del popolo israeliano, sostenuti dalla Francia “sin dal primo giorno”. Le sue parole hanno trovato eco nell’intervento del segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha definito la situazione a Gaza “intollerabile” e ha sottolineato che la sovranità palestinese “è un diritto, non una ricompensa”.
L’annuncio di Parigi giunge in un momento di crescente isolamento per Israele: Regno Unito, Canada, Australia e Portogallo avevano già formalizzato il loro riconoscimento durante il fine settimana, unendosi ai 145 Paesi che da tempo sostengono la causa palestinese. Tuttavia, come ricorda la CNN, la scelta resta per lo più simbolica, in assenza del sostegno degli Stati Uniti, unico membro permanente del Consiglio di Sicurezza a non riconoscere la Palestina. “Israele e Stati Uniti sono ormai isolati rispetto al resto del mondo”, ha dichiarato Daniel Forti, analista del Crisis Group, alla CNN. La reazione israeliana non si è fatta attendere. L’ambasciatore all’Onu, Danny Danon, ha parlato di “farsa” e si è detto deluso dal presidente francese, accusato di aver “lasciato indietro gli ostaggi”.
Il premier Benjamin Netanyahu, nella riunione di governo, ha definito il riconoscimento “un premio assurdo al terrorismo”, promettendo battaglia diplomatica in ogni sede. Più radicale la posizione del ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, che ha invocato “contromisure immediate” e lo smantellamento totale dell’Autorità palestinese. Dietro le tensioni in Medio Oriente si staglia il peso della posizione americana. Come ricorda la BBC, gli Stati Uniti hanno bloccato in passato tentativi di riconoscimento in sede Onu e, più di recente, hanno irrigidito la loro linea.
A giugno, l’ambasciatore Usa in Israele Mike Huckabee ha dichiarato che Washington non sostiene più la creazione di uno Stato palestinese. Parole confermate dal segretario di Stato Marco Rubio, che il 15 settembre, in una conferenza stampa congiunta con Netanyahu, ha definito il riconoscimento internazionale della Palestina un “premio al terrorismo”, destinato a incoraggiare Hamas e ad aumentare il rischio di annessione della Cisgiordania da parte israeliana.
Martedì pomeriggio, Donald Trump incontrerà a New York i rappresentanti di Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Turchia, Indonesia e Pakistan per discutere la crisi di Gaza, mentre le forze israeliane continuano l’offensiva di terra con carri armati che, secondo testimoni, hanno già raggiunto il centro della città.
Sul fronte delle relazioni transatlantiche, The Guardian evidenzia come la presidenza Trump stia portando avanti una vera e propria “guerra culturale” contro l’Europa. Uno studio congiunto dell’European Council on Foreign Relations e della Fondazione culturale europea denuncia la promozione attiva dei movimenti Maga in Europa e la volontà di interferire nelle elezioni continentali, indebolendo l’Ue e rafforzando i populismi di destra. Il rapporto accusa i leader europei di un atteggiamento “adulatorio e distratto” che avrebbe favorito le pressioni americane.
Sempre al Guardian, il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha ribadito la dipendenza energetica di Budapest da Mosca, dichiarando che l’Ungheria non potrà rinunciare alle forniture russe, nonostante le richieste di Trump agli alleati della Nato di bloccare le importazioni di petrolio russo. “Non possiamo garantire sicurezza energetica senza petrolio e gas russi”, ha affermato Szijjártó, rivendicando una scelta di pragmatismo. Dagli Stati Uniti arriva invece un caso che ha fatto scalpore: come riporta AP News, Donald Trump ha collegato, senza prove scientifiche, l’assunzione di Tylenol e i vaccini all’aumento dei casi di autismo, parlando durante una conferenza stampa alla Casa Bianca.
Il presidente ha invitato le donne incinte a non assumere paracetamolo e ha rilanciato tesi smentite da tempo dal mondo scientifico, sostenute dal movimento Make America Healthy Again, che include figure storicamente vicine all’area no-vax come Robert Kennedy Jr. Sul fronte mediatico, infine, la CNN riferisce che “Jimmy Kimmel Live!” tornerà in onda su ABC dopo una settimana di sospensione. Lo show era stato rimosso dai palinsesti in seguito alle pressioni dei proprietari conservatori del gruppo Sinclair e alle polemiche suscitate da un monologo del conduttore su Charlie Kirk e il movimento Maga.
Alcune affiliate di Sinclair non trasmetteranno la puntata del ritorno, mantenendo la linea dura contro Kimmel, mentre la Disney, proprietaria di ABC, valuta ancora i rapporti con le stazioni locali. La vicenda ha assunto i contorni di uno scontro politico-mediatico, amplificato dall’intervento di Brendan Carr, membro della FCC vicino a Trump, che aveva invocato la sospensione del conduttore.