È iniziata alle 8.30 in punto la prima prova scritta della maturità 2025, che coinvolge 524.415 candidati su tutto il territorio nazionale: 511.349 studenti interni e 13.066 privatisti. Una mattinata densa di emozione, carica di adrenalina e attesa per le tanto attese tracce ministeriali, svelate come da tradizione solo all'apertura dei plichi digitali.
Maturità 2025: Pasolini e Il Gattopardo tra le tracce, la sorpresa Borsellino per l'attualità
Come ogni anno, le ipotesi della vigilia sono state in parte disattese, regalando agli studenti alcune sorprese e altrettante sfide interpretative. A catturare l’attenzione per la tipologia A, quella dedicata all’analisi del testo, sono stati due grandi nomi della letteratura italiana, forse inaspettati, ma di indiscutibile statura: Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Per Pasolini, il Ministero dell’Istruzione ha selezionato un estratto dal suo "Appendice I a ‘Del Diario’ (1943-1944)", scritto giovanile che si colloca durante il Secondo conflitto mondiale.
Il testo è un prezioso frammento autobiografico che tratteggia l’animo inquieto e lucido del Pasolini adolescente, alle prese con l’instabilità del suo tempo e in cerca di una propria voce nel caos storico. Un’opera che oscilla tra introspezione e osservazione del mondo esterno, in cui emerge già quella coscienza critica che diventerà cifra costante della sua produzione matura.
L’autore si interroga sul ruolo dell’intellettuale, esplora il rapporto con la madre, i primi turbamenti della sessualità, l’estraneità rispetto all’universo degli adulti e una forte fascinazione per la cultura popolare. Una scrittura diaristica, ancora acerba, ma già potente nel delineare i tratti di una personalità destinata a segnare il panorama culturale italiano.
L’altro autore scelto è Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con un passo tratto dal celebre romanzo postumo "Il Gattopardo". Il brano riguarda la visita di Angelica, promessa sposa di Tancredi, nella dimora dei principi di Salina. Una scena densa di sfumature sociali e psicologiche, che ben rappresenta il cuore del romanzo: la transizione storica e simbolica dall’aristocrazia alla borghesia nella Sicilia di metà Ottocento.
Pubblicato dopo la morte dell’autore e inizialmente rifiutato dagli editori, "Il Gattopardo" è divenuto un classico capace di restituire con sguardo lucido e malinconico il senso di un’epoca in dissoluzione.
Il principe Fabrizio, protagonista del romanzo, incarna l’emblema di un mondo in declino, sospeso tra il fasto decadente e l’inevitabile cambiamento storico, racchiuso nell’iconica frase: "Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi".
Le tracce argomentative, inserite nella tipologia B, hanno spaziato dalla storia contemporanea alla filosofia ambientale, passando per una riflessione sociale di grande attualità. Una delle proposte è un estratto da "Gli anni trenta, il decennio che sconvolse il mondo", saggio dello storico britannico Piers Brendon. Il brano analizza le motivazioni alla base dell’intervento del presidente americano Franklin Delano Roosevelt per fronteggiare la devastante crisi economica degli anni Trenta.
Una traccia non immediata, che richiede conoscenze storiche solide e capacità di collegamento. Brendon tratteggia con rigore l’ascesa dei totalitarismi e la fragilità delle democrazie in un’epoca scossa dalla Grande Depressione, facendo emergere il ruolo centrale dei media, della propaganda e della leadership politica in uno dei momenti più bui del XX secolo. Un altro spunto di riflessione è offerto da un articolo firmato da Riccardo Maccioni, ex caporedattore di Avvenire, sulla parola dell’anno 2023 scelta dalla Treccani: Rispetto.
Il testo invita a ragionare sul significato profondo del termine, superando l’idea di semplice cortesia per abbracciare una visione del rispetto come pilastro della convivenza civile. Rispettare significa riconoscere l’altro, ascoltare, accettare le differenze, preservare l’ambiente, valorizzare la memoria e onorare le regole comuni. Una traccia che stimola i ragazzi a un confronto tra valori ideali e quotidianità, ponendo al centro la necessità di una società più equa e solidale. Completa la tipologia B una proposta tratta da "Un quarto d’era (geologica) di celebrità", del filosofo e divulgatore Telmo Pievani.
Il testo, pubblicato nel 2022, si sofferma sull’impronta ecologica della civiltà contemporanea e sull’inarrestabile consumo di suolo. In poche pagine, Pievani invita a riflettere sulla fragilità ambientale del nostro tempo, analizzando come l’uomo abbia inciso profondamente sugli equilibri del pianeta in un tempo brevissimo, a livello geologico. Una riflessione quanto mai urgente, che interroga sul rapporto tra progresso, responsabilità e futuro.
Per la tipologia C, dedicata all’attualità, il Ministero dell’Istruzione ha proposto due tracce che toccano corde diverse ma profondamente radicate nella contemporaneità. La prima prende spunto da un brano firmato dalla giornalista Anna Meldolesi e dalla filosofa Chiara Lalli, pubblicato in un supplemento del Corriere della Sera.
Il titolo – “L’indignazione è il motore dei social. Ma serve a qualcosa?” – invita a riflettere sul ruolo delle emozioni nella comunicazione digitale. Una tematica quanto mai familiare agli studenti, cresciuti nell’era delle piattaforme online, dove like, commenti e sdegno istantaneo sembrano dominare lo spazio pubblico. Il testo offre spunti per interrogarsi sull’efficacia dell’indignazione come leva di cambiamento sociale, sull’autenticità dei dibattiti virtuali e sulla sottile linea che separa l’attivismo digitale dalla rabbia sterile.
Ma è l’altra traccia a rappresentare la vera sorpresa di quest’anno: si tratta dell’intervento del giudice Paolo Borsellino, pubblicato nel 1992 su Epoca e intitolato “I giovani, la mia speranza”. Un testo carico di significato, scritto pochi mesi prima della sua morte, avvenuta il 19 luglio dello stesso anno in via D’Amelio per mano mafiosa. In quelle righe, il magistrato simbolo della lotta a Cosa Nostra affida alle nuove generazioni un messaggio di fiducia, responsabilità e impegno civile.
Borsellino parla con voce limpida e ferma, rivolgendosi ai giovani come custodi di un futuro possibile. La legalità, spiega, non è un concetto astratto, ma una pratica quotidiana fatta di scelte coerenti, piccoli gesti e comportamenti responsabili. La scuola e la famiglia, aggiunge, devono essere le prime fucine di questo processo educativo: solo attraverso una formazione capillare si può contrastare la cultura mafiosa, che si alimenta di omertà, paura e rassegnazione.
Il giudice invita i ragazzi a non cedere all’indifferenza, a non farsi spettatori passivi delle ingiustizie, ma a diventare protagonisti di un cambiamento duraturo. Perché trasmettere ai giovani il senso del dovere civico, la consapevolezza che ogni cittadino può fare la differenza, è – secondo Borsellino – l’unico modo per costruire una società più equa e libera dalle logiche criminali. Un appello che, a distanza di oltre trent’anni, resta di straordinaria attualità: un richiamo alla coscienza, un’eredità morale che ancora oggi parla ai cuori e alle menti delle nuove generazioni. In questo senso, la scelta di proporre il pensiero di Borsellino tra le tracce della maturità assume un significato che va oltre l’esame: è un invito a raccoglierne il testimone, a trasformare la speranza in azione, la memoria in impegno.