Ambiente & Sostenibilità

Legge “Salvamare”: 6000 tonnellate di rifiuti pescati ma non esistono sistemi di raccolta a terra

Redazione
 
Legge “Salvamare”: 6000 tonnellate di rifiuti pescati ma non esistono sistemi di raccolta a terra

Soprattutto plastica, ma anche ferro, metallo, pneumatici e vetro, si stima che negli ultimi tre anni siano state catturate oltre 6000 tonnellate di rifiuti dalle reti dei pescatori a strascico, ma purtroppo ad oggi manca qualsiasi sistema di conferimento adeguato a terra, il che rischia di disincentivare tale attività. Non sono stati, infatti, emanati alcuni fondamentali decreti attuativi della Legge 60/2022, detta “SalvaMare” - tra cui quello relativo all’art. 2 che disciplina le modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati e volontariamente raccolti in mare - che consentirebbero di rendere efficace uno strumento fondamentale nella lotta all’inquinamento marino.

Legge “Salvamare”: 6000 tonnellate di rifiuti pescati ma non esistono sistemi di raccolta a terra

A lanciare l’allarme Fondazione Marevivo e la Federazione del Mare, che rappresenta le principali associazioni del cluster marittimo italiano, che avevano fortemente caldeggiato la norma con Lega Italiana Vela, Stazione Zoologica Anton Dohrn, Lega Navale, La Grande Onda e quasi 100.000 firmatari della petizione lanciata su Change.org. Una legge approvata il 17 maggio 2022 all’unanimità dal Senato, dopo un lungo e complesso iter legislativo, ma tuttora rimasta inapplicata.

Dei circa 12 mila pescherecci presenti in Italia, infatti, 2 mila cosiddetti a strascico durante le attività di pesca ogni anno raccolgono circa una tonnellata di rifiuti che non possono però depositare a terra, se non a proprie spese. Questa è solo una delle tante note dolenti della mancata applicazione della SalvaMare. L’ulteriore beffa è che, come previsto dalla Legge 60/2022, i cittadini italiani da gennaio 2024 pagano nella bolletta della Tari i costi per la gestione dei rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, senza che il servizio venga effettuato.

“Uno degli obiettivi fondamentali di questa legge all’art. 2 era quello di favorire il recupero dei rifiuti raccolti in mare per consentirne il corretto smaltimento – sottolinea Rosalba Giugni, Presidente Fondazione Marevivo (in foto) – cosa che oggi non accade. L’auspicio è che siano emanati al più presto i decreti mancanti, per stabilire criteri e modalità con cui i rifiuti accidentalmente pescati possano essere effettivamente recuperati e riciclati”.

 Secondo Marevivo un altro elemento della legge 60/2022 ancora da affrontare è quello relativo ai criteri generali per la disciplina degli impianti di desalinizzazione (art. 12), che consentirebbero di trasformare l’acqua salata in acqua dolce, ma che rischiano di diventare un problema in termini di impatto ambientale, in mancanza di un quadro chiaro in grado di disciplinarli.

 Della SalvaMare restano aperti anche altri temi rilevanti, come la regolamentazione degli impianti di acquacoltura (art. 13) e la corretta gestione delle biomasse vegetali spiaggiate (art.5), si pensi alla Posidonia che in alcuni paesi come la Francia viene considerata un patrimonio da tutelare, mentre in Italia è diventato un rifiuto da smaltire. Un altro aspetto si riferisce all’articolo 6 - paradossalmente uno dei pochi il cui decreto attuativo è stato emanato (DM n. 525 del 13/12/2023) - che disciplina l’installazione dei sistemi di sbarramento nei corsi d’acqua per intercettare i rifiuti galleggianti prima che raggiungano il mare.

 Grazie alla legge 60/2022, attraverso un piano triennale sono stati stanziati 6 milioni di euro, ripartiti nelle annualità 2024, 2025, 2026e destinati ai sette distretti idrografici italiani allo scopo di avviare attività di raccolta rifiuti dai corsi d’acqua e dalle sponde. Tuttavia, ad oggi, non tutte le amministrazioni locali competenti hanno provveduto a posizionare gli sbarramenti previsti, nonostante sia comprovata la loro efficacia nell’impedire che tonnellate di rifiuti arrivino direttamente in mare.

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