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Shock a Treviso: una maestra che fa la maestra

Barbara Bizzarri
 
Shock a Treviso: una maestra che fa la maestra

Un’insegnante che fa l’insegnante. Finalmente. Cara maestra di Treviso, sei il mio idolo. E ricordiamo che è colpa dei genitori se i figli non studiano e non fanno progressi, non colpa degli insegnanti che non ne possono più di educare al posto loro. Forza maestra, anche se non ti conosco sei il mio eroe (eroina potrebbe dare adito a fraintendimenti in questi tempi scemi): tu che rifiuti di unirti ai cori di poverini e sono bambini per giustificare ogni forma di ignoranza (in tutti i sensi) che di solito culmina con te e quelli come te presi a sberle da sedicenni che manderei, se possibile, a spaccare pietre in Congo.

Shock a Treviso: una maestra che fa la maestra

I fatti: un ragazzino consegna un compito obiettivamente inguardabile (circolano le foto), con errori tipo le città di Matera e Parma scritte con la lettera minuscola immersi un vago sentore di sciatteria. La maestra aveva dato il compito di correggerli a casa, ma l’alunno di quinta elementare non l’ha fatto (perché non mi stupisco?). A quel punto l’insegnante sacrosantamente sbotta e scrive sul quaderno: «Sinceramente sono stufa di correggere innumerevoli correzioni di verifica scritte con i piedi, piene zeppe di errori ortografici gravi e di inesattezze. Se la tua idea è di continuare così, per me puoi stare a casa!».

I genitori, esterrefattissimi, commentano: «Nostro figlio ha dovuto saltare la ricreazione, la maestra lo ha minacciato, niente recita di fine anno se fai errori». Punizioni da rabbrividire, davvero. Mi chiedo se il ragazzino diriga la loro vita da mane a sera o se resta loro qualche margine decisionale ma la risposta mi sembra allegramente scontata, visto che poi, vibratamente, aggiungono: «No alla scuola dei nonni» e difatti si vedono gli eccelsi risultati che ha portato quella dei cciofani tra cui la loro, che si preoccupano evidentemente più di non dire mai no per evitare solenni rotture di cabbasisi che fornire alla prole gli strumenti atti a capire la realtà che li circonda (altri creators di contenuti in arrivo).

Quindi, pieni di ansia a causa delle tremende punizioni inflitte all’ennesimo intangibile piccolo Buddha, si sono rivolti al preside che mi immagino scivolare su un puff di fantozziana memoria mentre tenta una difesa (se così si può chiamare) intrecciandosi i diti: «L’esternazione dell’insegnante sicuramente può essere definita “una caduta di stile”. Ma voglio chiarire fin da subito che quei toni non sono assolutamente parte dei suoi metodi abituali. La maestra è stata insegnante di quel ragazzino fin dalla prima elementare e nessuno ha mai avuto niente da rimproverarle».

Intanto, la docente è stata affiancata in classe per un periodo da una collega, manco fosse un criminale, e in un mese e mezzo sono stati organizzati pure “moltissimi incontri chiarificatori” con la famiglia. Ovvero, la follia pura. Dire la verità è diventato un reato: ma da quando?
Nel frattempo il bambino ha finito il ciclo delle elementari nell’istituto paritario e, fanno sapere i genitori, si iscriverà alle medie altrove. Ovviamente. Good night, and good luck.

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