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Approvata la legge contro i maltrattamenti animali: pene più severe, ma restano alcune criticità

Barbara Leone
 
Approvata la legge contro i maltrattamenti animali: pene più severe, ma restano alcune criticità

La tutela degli animali guadagna un nuovo capitolo nella legislazione italiana. Con l’approvazione definitiva da parte del Parlamento, entra in vigore la legge che modifica il Codice penale e quello di procedura penale, introducendo sanzioni più severe per chi maltratta o uccide gli animali.

Approvata la legge contro i maltrattamenti animali: pene più severe, ma restano alcune criticità

Una norma che ha raccolto il plauso dell’intera maggioranza, con il vicepremier Matteo Salvini tra i più entusiasti sostenitori: ''Una battaglia storica, mia e della Lega, che segna una svolta di civiltà e amore per i nostri amici a quattro zampe'', ha commentato.

La legge, frutto di un lungo iter iniziato alla Camera lo scorso novembre e firmata in prima istanza da Michela Vittoria Brambilla (in foto), è stata approvata senza modifiche in Senato, nonostante le richieste di alcune associazioni animaliste e parte delle opposizioni, che avevano auspicato un rafforzamento di alcune disposizioni.

Tra gli aspetti più rilevanti della nuova legge vi è il rafforzamento delle sanzioni penali. Chi uccide un animale potrà ora essere condannato a una pena detentiva da sei mesi a quattro anni, con multe che possono arrivare fino a 60.000 euro. Per i reati di maltrattamento, la reclusione potrà raggiungere i due anni e, novità rilevante, non saranno più previste pene pecuniarie alternative.

Anche gli organizzatori di combattimenti tra animali incorreranno in pene più dure: da due a quattro anni di carcere e sanzioni fino a 30.000 euro, mentre per chi vi assiste è prevista una multa della stessa entità. Viene inoltre raddoppiata la sanzione amministrativa per chi organizza spettacoli o eventi in cui gli animali vengono sottoposti a violenza: si passa da 15.000 a 30.000 euro.

Tra i passi avanti riconosciuti vi è anche la possibilità di affidare in via definitiva, prima della conclusione del processo, gli animali sequestrati alle associazioni di protezione animale o a subaffidatari. Questa misura si estende anche ai cuccioli nati nel frattempo. Inoltre, viene introdotto il divieto di uccisione o alienazione di animali da reddito nel corso delle indagini, anche se non sottoposti formalmente a sequestro. Un altro elemento innovativo riguarda la modifica dell’impianto normativo che fino ad oggi tutelava ''il sentimento per gli animali'' da parte dell’essere umano. Ora si stabilisce che la tutela sia rivolta direttamente agli animali in quanto esseri senzienti, in coerenza con l’articolo 9 della Costituzione, che dal 2022 riconosce la necessità di proteggerli.

Non mancano, tuttavia, le perplessità.
Diverse associazioni, tra cui la LAV (Lega Anti Vivisezione), hanno espresso dubbi sull’efficacia della riforma nel rafforzare realmente la tutela degli animali. ''Le pene sono state aumentate solo in modo marginale – ha dichiarato Ilaria Innocenti  responsabile nazionale della Lega anti vivisezione  – e restano sproporzionate rispetto alla gravità di molti reati. Il rischio è che si continui a ricorrere al proscioglimento per tenuità del fatto, rendendo difficile l’applicazione di sanzioni esemplari''.

Un punto critico riguarda l’assenza di misure dedicate alla fauna selvatica, inizialmente previste, ma poi scomparse dalla versione definitiva del testo. E non stupisce, visto che in parallelo il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida è impegnato nell’elaborazione di una riforma che punta alla liberalizzazione della caccia, alimentando il dibattito su quanto la nuova norma sia davvero estensiva nella protezione degli animali in senso ampio.

Altre disposizioni risultano controverse. È stato ad esempio eliminato il divieto di detenere animali da parte di chi sia stato condannato per maltrattamenti, omicidi o combattimenti illegali. Una lacuna, secondo gli esperti, che rischia di indebolire l’effetto deterrente della norma. Tra gli articoli più discussi, vi è quello che consente la detenzione di cani e gatti alla catena o con strumenti simili, a patto che non ne impediscano il movimento.

Secondo la Lav, si tratta di un compromesso che va in direzione opposta allo spirito della legge: ''Un paradosso – ha affermato Ilaria Innocenti – visto che molte regioni, come Calabria, Marche, Campania e Umbria, vietano già questa pratica, riconoscendone la natura vessatoria''.

Tuttavia, i divieti più restrittivi stabiliti a livello regionale continueranno a valere. Infatti, la normativa nazionale non annulla la possibilità per le Regioni di legiferare in modo più severo, soprattutto in materia di sanità animale, ambito di loro competenza. Altro punto critico riguarda l’identificazione degli animali domestici. La nuova norma consente a commercianti e allevatori di mettere microchip a cani e gatti anche oltre i due mesi di vita previsti finora.

Secondo la Lav, questo allentamento normativo rischia di compromettere seriamente la tracciabilità degli animali e ostacolare la lotta contro il traffico illegale di cuccioli, una battaglia che aveva visto in passato anche governi dello stesso orientamento politico assumere posizioni più rigide.

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