Nel 2022 la spesa sociale in Italia ha raggiunto la cifra record di 620 miliardi di euro, pari al 30,5% del PIL, collocando il nostro Paese al secondo posto in Europa per peso del welfare. Eppure, nonostante questo primato, il sistema continua a mostrare profonde fragilità e criticità che rischiano di comprometterne la sostenibilità futura. È questo l’allarme lanciato dal Rapporto “Sussidiarietà e… welfare territoriale” della Fondazione per la Sussidiarietà (FpS), presentato alla Camera di Commercio di Salerno, alla presenza di istituzioni, rappresentanti del mondo ecclesiastico, imprenditoriale e associativo.
Italia seconda in Europa per spesa sociale, ma il welfare territoriale resta frammentato e poco efficace
Il presidente di Unioncamere e della Camera di commercio di Salerno, Andrea Prete, ha sottolineato come il welfare territoriale rappresenti “un tema cruciale per il sistema camerale, chiamato a favorire reti tra imprese, terzo settore e amministrazioni pubbliche per una responsabilità sociale sempre più radicata nei territori”.
A livello nazionale, il welfare italiano si basa ancora prevalentemente su trasferimenti monetari e prestazioni pensionistiche, che assorbono quasi la metà delle risorse disponibili, lasciando alle politiche sociali solo il 20%. Questo squilibrio, evidenziato dal Rapporto, penalizza le famiglie, i minori, i disabili e i disoccupati, categorie sempre più esposte a povertà ed esclusione sociale. Oggi, solo il 38% dei cittadini promuove le politiche pubbliche di contrasto al disagio, segno di un diffuso malcontento.
Il Rapporto descrive un’Italia spaccata: al Nord si concentrano la maggior parte delle risorse, mentre al Sud si continua a registrare un forte gap, sia in termini di fondi per la famiglia e l’assistenza, sia per la distribuzione del Fondo sanitario nazionale. Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, ha denunciato come il Sud riceva 300 milioni di euro in meno all’anno rispetto alla media nazionale, smontando “la retorica del Sud sprecone”.
La spesa privata delle famiglie italiane per salute e assistenza ha raggiunto nel 2024 circa 138 miliardi di euro, pari a 5.400 euro per nucleo familiare. Un dato che segnala la difficoltà di accesso ai servizi pubblici: oltre il 67% di chi ha richiesto assistenza ha incontrato ostacoli o impossibilità di ottenere supporto. Particolarmente allarmante la situazione delle famiglie con disabili: il 28,4% è a rischio povertà o esclusione sociale.
Tra le proposte avanzate dal Rapporto, spicca la necessità di un cambio di paradigma: passare da una visione amministrativa a un approccio olistico, in grado di mettere al centro la persona e i suoi bisogni complessi. Si punta a una presa in carico personalizzata, che parta dalla valutazione integrata delle esigenze e si concretizzi in piani di servizi coordinati e accessibili.
Giorgio Vittadini, presidente di FpS, ha ribadito come “investire in un welfare universale e inclusivo non sia solo un atto di solidarietà, ma un investimento per costruire società più coese e sistemi economici più resilienti”. L’appello è a un patto sociale rinnovato, fondato sulla sussidiarietà, che veda la collaborazione attiva tra Stato, enti locali, terzo settore e cittadini.
Anche l’arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, Andrea Bellandi, ha sottolineato l’urgenza di una maggiore collaborazione tra istituzioni e comunità locali per portare aiuto reale alle fasce più deboli.
Il presidente di UCID Campania, Nino Apreda, ha evidenziato come un welfare moderno debba considerare le persone come protagoniste e non semplici beneficiarie, sviluppando modelli “su misura” capaci di valorizzare il ruolo delle piccole e medie imprese e delle reti sociali. In questa direzione, le aziende familiari del Mezzogiorno rappresentano un esempio virtuoso di welfare integrato e sussidiario.
Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, ha ricordato che il valore complessivo del welfare, includendo anche la spesa privata e quella del privato sociale, si aggira intorno ai 750 miliardi di euro. Un sistema sempre più articolato, dove pubblico, mercato e terzo settore devono operare in sinergia per garantire servizi adeguati e sostenibili.
Il Rapporto invita a superare la frammentazione istituzionale che caratterizza il welfare territoriale italiano, eliminando sprechi e inefficienze, e promuovendo un sistema capace di monitorare i bisogni e valutare la qualità dei servizi. Proposte concrete includono l’incremento delle risorse, investimenti mirati sul capitale umano e la creazione di centri territoriali per servizi integrati.