In Iran, anche un gesto semplice come portare a spasso il proprio cane può trasformarsi in un atto di ribellione. Le autorità hanno infatti esteso a una ventina di città il divieto di condurre cani al guinzaglio o trasportarli in auto, invocando motivi di ''sicurezza, salute pubblica e ordine sociale''.
Iran, nuova stretta sui cani: vietato portarli al parco o in auto
Una misura che ha il sapore della repressione più che della tutela collettiva, e che affonda le sue radici in convinzioni religiose e politiche che risalgono alla Rivoluzione islamica del 1979. Il divieto era nato nel 2019 nella capitale Teheran, ma si è diffuso rapidamente: da Isfahan a Kerman, fino alle più recenti Ilam e Hamedan, nell’ovest del Paese.
Qui, il procuratore Abbas Najafi ha dichiarato senza mezzi termini che "portare a spasso i cani è una minaccia per la salute pubblica, la pace e il benessere". In città come Ilam le autorità locali hanno intensificato i controlli, annunciando azioni legali contro i trasgressori.
Le nuove restrizioni, pur non fondate su una legge nazionale, sono legittimate da direttive locali e da interpretazioni degli articoli 638 e 688 del Codice penale iraniano, oltre che dall’articolo 40 della Costituzione.
Ma il cuore di questa politica sta altrove. Per la teologia sciita dominante, infatti, i cani sono considerati "najis", cioè impuri dal punto di vista rituale. E secondo la narrazione ufficiale – ribadita in più occasioni dalla Guida suprema Ali Khamenei –, l’abitudine di tenere un cane in casa è una perniciosa influenza occidentale, simbolo della decadenza morale che il regime si propone di estirpare.
Non a caso, già nel 2021, ben 75 parlamentari avevano definito il possesso di cani un "problema sociale distruttivo". Eppure, nonostante i divieti, o forse proprio a causa loro, la presenza di cani tra le famiglie iraniane – soprattutto tra i giovani e nelle aree urbane – è in costante aumento.
Avere un cane, oggi in Iran, è molto più di una scelta affettiva: è una forma sottile, ma potente, di dissenso. È un modo per difendere uno spazio di libertà personale in un contesto in cui perfino il quotidiano può diventare trasgressivo. Per evitare sanzioni, confische o persino arresti, molti proprietari si organizzano come possono. Escono di notte, si muovono tra le vie meno sorvegliate, a volte trasportano gli animali in auto per sfuggire ai controlli.
Ma anche quest’ultima opzione è diventata pericolosa: secondo la BBC, il divieto è stato formalmente rinnovato in almeno 18 città e vieta espressamente anche il trasporto dei cani in macchina. Le critiche non si sono fatte attendere. I media riformisti interni, come il quotidiano Etemad, e autorevoli voci internazionali – dalla francese AFP all’indiana NDTV, passando per The Guardian – hanno sottolineato l’assurdità di una politica che reprime l’amore per gli animali in nome di una sicurezza pubblica tanto proclamata quanto elusa.
Perché in un Paese dove aumentano i crimini violenti, la scelta di perseguire chi porta a spasso il cane appare quantomeno paradossale. Ma il divieto, più che una misura pragmatica, è un gesto simbolico, una dichiarazione ideologica.
Reprimere la figura del cane – con il suo carico simbolico di tenerezza, libertà e affettività – significa infatti riaffermare il primato dei valori della Repubblica islamica su ogni influenza considerata "corrotta" o "occidentale".
Esattamente come accade con l’hijab, imposto con crescente rigore, o con le feste clandestine, che il regime continua a reprimere. In questo contesto, passeggiare con un cane diventa un piccolo atto di resistenza civile, tanto silenzioso quanto eloquente. Gli attivisti per i diritti degli animali, nel frattempo, denunciano non solo le restrizioni, ma anche i metodi brutali con cui vengono attuate.
Le forze dell’ordine, raccontano, non esitano a confiscare gli animali, infliggere multe salate o addirittura uccidere cani randagi, in nome di un’igiene pubblica che sa più di paura che di pulizia. Eppure, sotto la cenere della repressione, qualcosa si muove.
Tra i giovani urbani, sempre più cosmopoliti, si fa strada una consapevolezza nuova. Avere un cane – accudirlo, proteggerlo, camminare al suo fianco – diventa così un modo per affermare un’identità altra, non conforme. Un gesto quotidiano che si carica di significato politico. Per molti, è anche da qui che si ricomincia.