Economia

L’industria cosmetica italiana cresce più del Pil e punta sull’export per il futuro

Redazione
 
L’industria cosmetica italiana cresce più del Pil e punta sull’export per il futuro

Nel 2024 l’industria cosmetica italiana ha raggiunto un traguardo storico: 16,5 miliardi di euro di fatturato, in crescita del 5,7% medio annuo nell’ultimo decennio, una performance cinque volte superiore rispetto al Prodotto interno lordo nazionale. Considerando l’intera filiera, il valore complessivo del comparto arriva a 41,2 miliardi, confermando il ruolo strategico del settore per l’economia del Paese.

L’industria cosmetica italiana cresce più del Pil e punta sull’export per il futuro

A fotografare lo stato di salute e le sfide dell’industria è il report “Le priorità d’azione per la competitività dell’industria cosmetica in Italia”, presentato da Valerio De Molli, managing partner e CEO di The European House – Ambrosetti (in foto), nel corso dell’Assemblea pubblica 2025 di Cosmetica Italia, tenutasi oggi al museo dell’Ara Pacis di Roma.

L’impatto dell’industria cosmetica non si limita ai dati sul fatturato: il contributo fiscale della filiera è stimato in circa 10 miliardi di euro e garantisce lavoro a 440mila persone, pari all’1,6% dell’intera forza lavoro italiana. Il dato sottolinea come il settore non sia solo traino economico, ma anche fondamentale per l’occupazione.

Secondo l’analisi condotta da Teha sul paniere di consumo degli italiani, i prodotti cosmetici si confermano beni primari a utilizzo quotidiano, con una spesa complessiva di 13,4 miliardi di euro nel 2024 – pari a 219 euro pro-capite – che corrisponde allo 0,5% del Pil. Anche nelle famiglie a basso reddito i consumi restano stabili, indicando una percezione ormai consolidata della loro essenzialità, simile a quella riservata ai prodotti per la salute.

Il vero motore dello sviluppo è però l’export: nel 2024 le esportazioni del settore cosmetico hanno raggiunto i 7,9 miliardi di euro, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente. La cosmetica si posiziona così tra i settori più performanti del Made in Italy, seconda soltanto alla gioielleria per tasso di crescita. Oggi circa il 50% del fatturato deriva dai mercati esteri, con gli Stati Uniti in testa (14,5%), seguiti da Francia (10%), Germania (9,5%) e Spagna (6,8%).

L’industria si distingue anche per la forte propensione all’innovazione, con investimenti pari al 6% del valore della produzione (contro una media nazionale del 3%). Particolare rilievo assumono le tecnologie green, con 300 milioni di euro investiti nel 2024 in innovazioni legate alla transizione ecologica, pari al 2% del fatturato del comparto.

Tra le sfide principali del settore figurano l’aumento dei costi energetici – con un impatto che ha superato il 5% del fatturato nei picchi di prezzo – e una crescente complessità normativa, che interessa tutte le fasi della filiera e rallenta l’azione delle imprese. Le direttive europee su Green Claims e Acque Reflue sono solo alcuni degli esempi di regolamentazione che, se non gestiti con equilibrio, possono rappresentare ostacoli alla competitività.

Secondo le stime di The European House – Ambrosetti, una semplificazione normativa a livello europeo potrebbe generare fino a 9,7 miliardi di euro di fatturato incrementale entro il 2030. In assenza di interventi, lo scenario peggiorativo prevedrebbe appena 3,2 miliardi di crescita, segnalando chiaramente l’urgenza di un’azione riformatrice.

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