Attualità

Il futuro tradito: il dramma delle nuove dipendenze giovanili

di Barbara Leone
 
Lacrime, silenzi, domande senza risposta. Il dolore di Barbara Mura è quello di una madre che ha visto il proprio figlio spegnersi, vittima di un inganno tanto insidioso quanto diffuso: lo sballo ottenuto attraverso un cocktail di psicofarmaci e alcol. Suo figlio Gabriele, diciottenne, è solo uno dei tanti giovani inghiottiti da una realtà oscura che avanza silenziosa, favorita dall'ignavia delle istituzioni, dall'indifferenza di troppi genitori e da un contesto sociale sempre più marcescente. Due anni fa, la vita di Barbara è stata sconvolta irrimediabilmente. Gabriele, un ragazzo solare, con sogni e aspirazioni, è stato trovato senza vita a Porto Torres, in provincia di Sassari. Era una vittima di un fenomeno sempre più diffuso tra i giovani: il mix letale di psicofarmaci e alcol. La tragedia si è consumata nell'apparente normalità di una serata come tante, in cui la trasgressione si è trasformata in una condanna definitiva. Ma il percorso che lo ha portato a quel tragico epilogo era iniziato molto prima. Come molti suoi coetanei, Gabriele aveva iniziato con la marijuana, per poi passare progressivamente a sostanze più pericolose, fino a sperimentare il mix devastante che gli è stato fatale. Eppure Gabriele non era un ragazzo sbandato, non era emarginato o privo di affetto. Cresciuto in una famiglia amorevole, aveva sempre mostrato una grande curiosità per il mondo e un'intelligenza vivace. Amava la musica, il calcio e sognava di diventare un giorno un fotografo di viaggi, per raccontare con le immagini le bellezze del mondo. Ma come tanti altri ragazzi della sua età, era stato catturato dal fascino ingannevole dello sballo, dalla promessa di una realtà alternativa in cui sfuggire alla noia e alle insicurezze. 

Un fenomeno, quello dell’uso e abuso di psicofarmaci a scopo ricreativo, che tra gli adolescenti è in crescita esponenziale, e che si insinua subdolamente nelle case, tra le pieghe di una società ipocrita che si scandalizza ma non agisce. Nel giro di pochi anni, l'età dello sballo si è abbassata drasticamente: non più i diciottenni, ma già i dodicenni e tredicenni sperimentano il brivido della trasgressione chimica. Grazie a tutorial disponibili in rete, ragazzi ancora privi di un'identità solida imparano a falsificare ricette mediche, aggirare i controlli inesistenti e ottenere con facilità farmaci che dovrebbero essere rigorosamente monitorati. Come ha raccontato Barbara Mura, il figlio falsificava le ricette utilizzando un semplice computer, siglando con firme false di medici in pensione e ottenendo così farmaci pericolosi senza destare sospetti. Una falla gravissima nel sistema di controllo, che ha permesso a Gabriele di accedere a sostanze letali senza incontrare ostacoli. Ma la sua storia non è un caso isolato: sempre più giovani adottano questa strategia, trovando nella tecnologia alleata una facilità di accesso impensabile fino a pochi anni fa. Non meno gravi sono le responsabilità dei genitori, sempre più distratti, occupati, esausti. Una generazione di adulti che ha abdicato al proprio ruolo educativo, che preferisce la comodità dell'ignoranza alla fatica dell'attenzione. Si lamentano, piangono quando è troppo tardi, ma nel quotidiano smarriscono la capacità di guardare negli occhi i propri figli, di ascoltarli senza giudicarli, di guidarli senza soffocarli. La comunicazione familiare si è ridotta a pochi scambi superficiali, mentre il mondo digitale assorbe la maggior parte del tempo e delle energie emotive di ragazzi e adulti.

E mentre gli adulti chiudono gli occhi, la cultura dello sballo viene sdoganata dai mass media, dalle trasmissioni che glorificano l'idiozia, da artisti mediocri elevati al rango di icone. E così, cantanti che si vantano del loro abuso di sostanze e che fanno apologia dell'autodistruzione vengono invitati nei salotti televisivi, esaltati, omaggiati. Diventano modelli, in certi casi finanche giudici del talento altrui, con un'aura di credibilità che rende ancora più tossico il messaggio per chi li ascolta. Col risultato che la degenerazione diventa spettacolo e la devianza viene legittimata con una risata compiacente. Di fronte a questo sfacelo, il futuro appare desolante. I giovani e giovanissimi non hanno riferimenti solidi, non hanno figure da cui trarre ispirazione. Le istituzioni si rivelano impotenti, la famiglia si dimostra fragile, il mondo dello spettacolo amplifica il peggio. E così il destino di tanti ragazzi sembra segnato: una giovinezza bruciata, un futuro senza speranza, una società che si autodistrugge senza neanche rendersene conto. Esiste una via d’uscita? Forse sì. E risponde al nome di educazione, rispetto, consapevolezza e amore per la vita tutta. Ciò che può salvarci, e soprattutto salvarli, è una rivoluzione culturale che riporti i giovani a innamorarsi della bellezza autentica: l'arte, la natura, la conoscenza, il viaggio, la scoperta. Ma bisogna partire da noi: siamo noi adulti che dobbiamo dare per primi il buon esempio. Diversamente è un bluff. Solo così è possibile, forse, che lo sballo è il suicidio dell'anima. L’antidoto si chiama libertà: ma quella vera, che non si trova nelle pasticche e nelle polveri ma, al contrario, nella lucidità della mente e nella forza della propria identità.
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