Cultura

Firenze, addio al “mostro di metallo”: dopo vent’anni la gru degli Uffizi va in pensione

Barbara Leone
 
Firenze, addio al “mostro di metallo”: dopo vent’anni la gru degli Uffizi va in pensione

A Firenze, città di armonie perfette, di proporzioni rinascimentali e di eleganza urbanistica sospesa nel tempo, la notizia ha il sapore di una liberazione attesa da una generazione intera: la gru degli Uffizi verrà smantellata. Sì, proprio quella che per quasi vent’anni, alta e impassibile come una sentinella sbadata, ha svettato con i suoi oltre 60 metri nel cuore del centro storico, guadagnandosi — suo malgrado — un posto nel profilo urbano della città. Tant’è che oramai c’era chi la considerava un monumento tra i monumenti, quasi da meritare l’interessamento dell’Unesco per il suo ''valore antropologico'', più che architettonico.

Firenze, addio al “mostro di metallo”: dopo vent’anni la gru degli Uffizi va in pensione

Uno scherzo, certo. Ma non troppo. E invece no. Il “mostro metallico”, come l’ha definito senza mezzi termini il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Simone Verde, ha i giorni contati. Dal 16 al 21 giugno verrà smontata, pezzo dopo pezzo, con un’“operazione lampo” annunciata con giustificato entusiasmo. Una rimozione che non sarà solo un atto tecnico, ma un gesto quasi esorcistico, accompagnato da un evento simbolico sulla terrazza sopra la Loggia dei Lanzi, alla presenza nientemeno che del Ministro della Cultura Alessandro Giuli. Firenze, finalmente, potrà tornare a guardarsi allo specchio senza dover abbassare lo sguardo.

Installata nel 2006 per l’ampliamento del museo, la gru avrebbe dovuto essere un elemento temporaneo. Ma, si da, il temporaneo in Italia spesso tende all’eterno, specie quando incontra la burocrazia. Anni di rimpalli, autorizzazioni, fondi mancanti e silenzi istituzionali hanno inchiodato quel cantiere e la sua impalcatura al centro di una delle città più belle del mondo. A tal punto da diventare simbolo di una lentezza amministrativa ormai proverbiale, perfino per gli standard nostrani. C’è addirittura chi, con toscano spirito sarcastico, ha creato un account Instagram dedicato alla gru.

Post ironici, meme, fotomontaggi. Insomma, la gru installata di fronte alle Gallerie degli Uffizi, che tutto il mondo ci invidia per le sublimi opere d'arte del Rinascimento italiano, era diventata una di famiglia. Un paradosso tragicomico, in pieno stile italiano.

Alla fine, come spesso accade, la soluzione è arrivata non dall’alto, ma dal basso: una cordata di imprenditori locali — tra cui Stefano Ricci, Leonardo Bassilichi, Giorgio Moretti, Elisabetta Fabri, Confindustria, Fondazione CR Firenze e altri — ha risposto all’appello del direttore Verde, raccogliendo i circa 180mila euro necessari per smantellare la gru e allestire un cantiere ''light'', dotato di un montacarichi non invasivo. Una scelta pragmatica e, allo stesso tempo, poetica: il nuovo cantiere continuerà i lavori di ampliamento, ma senza ferire il paesaggio. Un compromesso virtuoso, per dimostrare che si può costruire senza deturpare, innovare senza calpestare, restaurare senza prevaricare.

''È un momento che Firenze attendeva da molto tempo. Tolto di mezzo il mostro metallico, il volto di Firenze torna intatto e inviolato in tutta la sua sfolgorante bellezza'', ha dichiarato Verde. Parole che suonano come una dichiarazione d’amore verso una città che non smette mai di stupire, anche quando sembra essersi arresa.

La sindaca Sara Funaro, accanto al direttore, ha colto l’occasione per sottolineare la differenza tra chi promette e chi agisce. ''Se è un atto concreto rispetto al lavoro del predecessore Schmidt? I fatti si commentano da soli'', ha detto con garbata precisione. E in effetti, dopo anni di attesa e immobilismo, qualcuno ha finalmente preso il toro per le corna. O, per meglio dire, la gru per il braccio. Anche la BBC, stupita e divertita, ha dedicato un servizio alla vicenda, descrivendola come uno dei simboli della “notoriamente lenta burocrazia italiana”.

Una definizione che ferisce, certo, ma che, come spesso accade quando viene da fuori, fa anche riflettere. Perché è innegabile che nessun altro Paese al mondo avrebbe saputo tenere in piedi una gru per vent’anni nel cuore del proprio patrimonio artistico, con tanto di vista sulla cupola del Brunelleschi. E così, mentre i visitatori torneranno a fotografare la Loggia dei Lanzi senza dover tagliare a metà l’inquadratura per evitare l’incomodo braccio meccanico, Firenze si riappropria finalmente del suo orizzonte. Resta, a futura memoria, la storia di una gru che ha resistito più di alcuni governi sfidando con ostinazione tutta italiana il concetto di temporaneità. Non un monumento, ma quasi. Chissà che qualcuno, un giorno, non proponga una targa commemorativa: ''Qui visse, visse a lungo, e poi finalmente se ne andò''.

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