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Giovani agricoltori crescono al Sud: nuova linfa per l’Italia rurale

Redazione
 
Giovani agricoltori crescono al Sud: nuova linfa per l’Italia rurale

In un Paese in cui fare impresa da giovani resta un’impresa, l’agricoltura rappresenta un’eccezione significativa. Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha perso oltre il 22% delle imprese guidate da under 35, un calo che ha attraversato trasversalmente tutti i settori economici, dall’industria al commercio, dalle costruzioni ai servizi.

Giovani agricoltori crescono al Sud: nuova linfa per l’Italia rurale

Eppure, proprio nel comparto agricolo, i giovani hanno mostrato una sorprendente capacità di resistenza, facendo segnare un +3,5% nello stesso periodo. Un dato ancor più rilevante se si considera che a sostenere questa crescita sono state soprattutto le regioni del Mezzogiorno, dove oggi si concentra un terzo delle imprese agricole giovanili italiane.

La Sicilia, con il 12% del totale nazionale, guida questa classifica, seguita dalla Puglia (9,6%) e dalla Campania (9,4%). Anche tra le nuove iscrizioni del 2024, le regioni meridionali si confermano protagoniste, posizionandosi stabilmente ai vertici per numero di startup agricole fondate da under 35. Segno che, nonostante le difficoltà – dalla burocrazia ai margini ancora troppo stretti tra costi di produzione e prezzi di mercato, fino agli effetti sempre più evidenti del cambiamento climatico – molti giovani continuano a credere in un futuro legato alla terra.

Le imprese agricole fondate dai giovani non solo resistono, ma mostrano caratteristiche distintive rispetto a quelle tradizionali. Si tratta di aziende mediamente più strutturate, che gestiscono superfici più ampie e che adottano tecnologie avanzate, sia in campo che in stalla.

In Campania, ad esempio, si registra un ritorno significativo all’allevamento grazie a innovazioni che permettono di monitorare da remoto la nutrizione e il movimento del bestiame. La produttività media per ettaro delle aziende agricole under 35 ha raggiunto i 4.500 euro, un valore che supera nettamente la media europea e si pone al di sopra anche di paesi come Germania e Spagna.

Il profilo del giovane agricoltore è profondamente mutato rispetto al passato. Oggi è più istruito, spesso laureato, e sempre più spesso arriva all’agricoltura dopo aver maturato esperienze in altri ambiti, dall’industria alla finanza. In molti casi si tratta di scelte autonome, lontane dalle tradizionali logiche di continuità familiare: decisioni consapevoli, animate da una visione imprenditoriale e da una forte motivazione personale. Un patrimonio di competenze e determinazione che rappresenta un valore strategico per il futuro dell’agricoltura italiana.

Per sostenere questa transizione generazionale, le istituzioni stanno mettendo in campo strumenti specifici. A livello europeo, i giovani possono contare su aiuti complementari al reddito e su premi per il primo insediamento. In Italia, iniziative come “Generazione Terra” offrono mutui agevolati per l’acquisto di terreni, mentre “Più Impresa” e il “Fondo Innovazione” finanziano investimenti in tecnologie e macchinari. La Banca nazionale delle terre agricole e le garanzie dirette sui prestiti completano un ventaglio di misure pensato per accompagnare la crescita delle nuove leve del settore.

Tuttavia, come ha ricordato il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, il ricambio generazionale non può reggersi solo sulla passione. Occorrono redditi adeguati, una formazione continua e un ecosistema economico che valorizzi realmente l’agricoltura come motore di sviluppo. In quest’ottica, il recente avvio del servizio civile in agricoltura, che ha coinvolto i primi mille giovani, rappresenta un tassello importante per preparare le nuove generazioni alle sfide del settore.

Il governo ha stanziato risorse significative, oltre 11 miliardi di euro, per rafforzare il comparto agricolo, portando l’Italia al primo posto in Europa per valore aggiunto e incremento del reddito agricolo. Ma la strada è ancora lunga. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha ribadito la necessità di garantire una remunerazione equa per il lavoro agricolo, condizione indispensabile per trattenere i giovani e dare continuità alle imprese. E ha lanciato un chiaro messaggio all’Europa: ogni tentativo di ridurre le risorse della Politica agricola comune sarà accolto con una mobilitazione senza precedenti.

Il futuro dell’agricoltura italiana passa anche e soprattutto da qui: dalla capacità di trasformare la passione dei giovani in un’impresa sostenibile e competitiva. I numeri raccontano una sfida possibile, perchè quei 50.000 “cervelli” che hanno scelto di restare e coltivare il futuro del Paese meritano una prospettiva solida.

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