Oggi è la Giornata mondiale del caffè. Una celebrazione che quest’anno per noi italiani ha un retrogusto amaro. La bevanda simbolo del Paese, che scandisce abitudini quotidiane e rituali sociali, sta infatti diventando sempre più costosa.
Giornata mondiale del caffè, consumi giù del 6,8% con la tazzina che vola verso i 2 euro
I rincari, che toccano sia l’Arabica sia il Robusta, affondano le radici in una combinazione di fattori che spaziano dall’aumento della domanda globale ai danni causati dal cambiamento climatico, fino all’instabilità dei mercati delle materie prime. Secondo le stime, il prezzo della tazzina al bar potrebbe raggiungere i due euro entro la fine del 2025, un traguardo che fino a pochi anni fa sembrava impensabile. Il confronto con il passato è impietoso: dal 2020 a oggi, il costo di un espresso è aumentato di oltre il 50%, come segnala Unimpresa.
Parallelamente, anche le quotazioni delle materie prime hanno seguito la stessa traiettoria, con l’Arabica che negli ultimi anni ha segnato un incremento del 62% e il Robusta che ha registrato addirittura un +78%. Numeri che si riflettono direttamente sui consumatori, costretti a ripensare le proprie abitudini di consumo e a orientarsi sempre più verso prodotti che garantiscano qualità e filiere etiche. La causa principale di questo rincaro va ricercata nelle difficoltà dei raccolti nei Paesi produttori. Le coltivazioni di caffè, che necessitano di un equilibrio climatico stabile, sono sempre più minacciate da eventi meteorologici estremi.
Le siccità prolungate e le piogge torrenziali che hanno colpito Brasile e Vietnam, tra i maggiori esportatori mondiali, hanno ridotto drasticamente la resa agricola, ridisegnando gli equilibri dell’offerta globale. Allo stesso tempo, la domanda continua a crescere. Se in Europa e negli Stati Uniti il caffè è ormai parte integrante della vita quotidiana, nei mercati emergenti si sta assistendo a un’espansione significativa. In Cina e in India, Paesi tradizionalmente legati al consumo di tè, il caffè sta conquistando nuove fette di popolazione, contribuendo a uno squilibrio tra domanda e offerta che inevitabilmente fa lievitare i prezzi.
A complicare ulteriormente il quadro si aggiunge la speculazione finanziaria. Il caffè è ormai diventato un bene rifugio per fondi di investimento e operatori che scommettono sulle oscillazioni di prezzo. Le operazioni speculative, spesso svincolate dall’andamento reale della produzione, amplificano le fluttuazioni di mercato, rendendo ancora più incerto il futuro del settore.
Il caro-prezzi non si esaurisce qui, perché anche i costi della logistica hanno avuto un ruolo determinante. Il trasporto del caffè dalle piantagioni ai mercati di consumo è diventato più oneroso a causa della carenza di container, del rialzo del carburante e dei ritardi nelle catene di approvvigionamento. Tutti elementi che si traducono in ulteriori rincari per torrefattori e consumatori finali.
Gli effetti di questa impennata si fanno già sentire. Nel 2025, infatti, i consumi di caffè verde sono calati del 6,85% rispetto al 2022, fermandosi a 327 milioni di chili. A fronte di questo calo, cresce invece il segmento delle capsule e delle cialde, che nella grande distribuzione organizzata ha registrato un aumento del 18,8%.
Il dato conferma una tendenza ormai consolidata: mentre la tazzina al bar diventa sempre più cara, gli italiani si rifugiano nel consumo domestico, che rappresenta ancora il 71% del totale. Il caffè al bar resta comunque per noi italiani un rito insostituibile, seppur riservato sempre più spesso a momenti particolari, mentre la quotidianità si sposta tra moka e macchine da caffè casalinghe. Una trasformazione silenziosa, che racconta molto del presente e del futuro di un prodotto che, pur restando simbolo del nostro stile di vita, deve oggi fare i conti con le turbolenze di un mercato globale sempre più instabile.