Esteri

Germania, il gigante in crisi: nel 2024 il Made in Italy ha perso 10 milioni al giorno

Redazione
 

La governance dell’Unione Europea è attualmente in fase di profonda trasformazione, accelerata dalle tensioni geopolitiche e dalla nuova presidenza degli Stati Uniti. Sullo sfondo emergono le incertezze politiche ed economiche delle due principali economie dell’Eurozona: la Francia, alle prese con una crisi di governabilità, e la Germania in attesa delle elezioni federali del 23 febbraio, che si svolgono dopo due anni di recessione e con prospettive di crescita riviste al ribasso.

Germania, il gigante in crisi: nel 2024 il Made in Italy ha perso 10 milioni al giorno

L’esito del voto tedesco avrà ripercussioni significative sulla politica fiscale europea e sugli equilibri industriali del continente, con un impatto diretto sull’Italia, principale concorrente della manifattura tedesca. Dopo la Brexit, Berlino ha rafforzato la sua posizione di leadership economica, rappresentando oltre un quarto del PIL dell’Unione a 27, ma le sfide interne ed esterne ne mettono alla prova il ruolo di motore della crescita europea. L’Ufficio Studi di Confartigianato ha pubblicato oggi l’analisi sull’economia della Germania e sull’export sul mercato tedesco, contenuta nella Elaborazione Flash ‘Made in Italy in Germania, il gigante addormentato d’Europa’, secondo cui il 2024 è stato il secondo anno consecutivo di recessione in Germania, con un calo del PIL dello 0,2%, dopo la flessione dello 0,3% registrata nel 2023. Era da oltre vent’anni che l’economia tedesca non registrava due anni consecutivi di recessione. Per il 2025 è prevista un ritorno ad una debole crescita stimata per lo 0,3%, con le previsioni di gennaio 2025 del Fondo monetario internazionale che revisionano al ribasso la crescita di 0,5 punti rispetto alla previsione di ottobre 2024.

Tra il 2019 e il 2024 la Germania, dopo la Finlandia e l’Estonia, è il paese dell’Unione con la più bassa crescita del Pil, pari allo 0,4% in cinque anni. La politica economica non ha corretto questo trend, con la stretta monetaria più pesante della storia dell’euro accompagnata da una politica fiscale del Governo tedesco eccessivamente prudente. Tra i fattori di crisi dell’economia tedesca una bassa accumulazione di capitale privato e pubblico che influenza negativamente innovazione, twin transition ed efficienza della Pubblica amministrazione.

In Germania si è registrato un maggiore impatto dello shock energetico innescato dall’invasione dell’Ucraina, con una elevata dipendenza dal gas russo (65,4% dell’import nel 2021 vs 40,9% della media Ue). Pesa il più basso profilo crescita della Cina: dalla Germania il 42,4% dell’export europeo sul mercato cinese e nel 2024 si delinea un calo dell’export tedesco in Cina del 6,9% dopo la caduta dell’8,9% del 2023. Con la crisi demografica si acuisce la carenza di competenze, più elevata rispetto agli altri maggiori paesi europei.

Nel 2024 la produzione manifatturiera tedesca ha subito un calo del 4,8%, una contrazione superiore alla media dell’Unione Europea, che si è attestata a -2,5%. Il settore automobilistico, che in Germania rappresenta il 52,9% dell’occupazione europea del comparto, ha registrato una flessione del 6,9%, con una perdita complessiva del 18,1% dal 2019, anno di avvio del Green Deal europeo. Il rallentamento della domanda interna tedesca ha penalizzato le esportazioni italiane, che hanno segnato una riduzione del 5,0% rispetto alla stabilità del resto del mondo (+0,2%), traducendosi in una perdita di oltre 10 milioni di euro al giorno per le imprese italiane attive sul mercato tedesco.

La regione italiana più esposta al calo della domanda è il Veneto, con esportazioni manifatturiere verso la Germania pari al 6,2% del valore aggiunto regionale, seguito da Piemonte (6,1%), Emilia-Romagna (6,0%), Trentino-Alto Adige (5,9%), Friuli-Venezia Giulia (5,5%), Abruzzo (5,2%), Lombardia (4,6%), Umbria (4,3%) e Toscana (4,1%). A livello provinciale, le realtà più vulnerabili, con un peso delle esportazioni verso la Germania doppio rispetto alla media, sono Chieti (12,5%), Piacenza (10,8%), Mantova (9,5%), Reggio Emilia (8,9%), Vercelli (8,8%), Terni (8,8%), Novara (8,7%), Lecco (8,6%), Bergamo (8,6%), Frosinone (8,5%), Cremona (8,4%), Vicenza (8,1%), Alessandria (8,0%), Verona (7,8%), Arezzo (7,7%), Bolzano (7,6%) e Modena (7,6%). La stretta monetaria ha inciso negativamente sulla domanda di beni di investimento nell’Eurozona, colpendo in particolare le aree italiane specializzate nella produzione di macchinari. Nei primi nove mesi del 2024, le esportazioni italiane di macchinari verso la Germania sono diminuite del 5,0% su scala nazionale, con cali più marcati in Veneto (-10,7%) ed Emilia-Romagna (-9,2%), mentre la Lombardia ha contenuto la flessione al -2,9% e il Piemonte ha registrato una lieve crescita (+0,8%). Tra le province più colpite si segnalano Reggio Emilia (-18,5%), Padova (-18,2%), Verona (-15,9%), Modena (-11,4%), Brescia (-11,3%) e Parma (-10,4%). Calo superiore alla media anche per Bergamo (-9,7%) e Vicenza (-6,0%), mentre riduzioni più contenute si osservano a Varese (-2,5%) e Milano (-0,6%). In controtendenza, alcune province hanno registrato un incremento delle esportazioni di macchinari verso la Germania: Treviso (+4,4%), Torino (+4,5%), Mantova (+5,1%), Bologna (+5,9%) e Monza e Brianza (+8,3%).

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