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Fiano contestato a Ca' Foscari: non bastano cerimonie riparatrici

Redazione
 
Fiano contestato a Ca' Foscari: non bastano cerimonie riparatrici

L'invito del ministro dell'Università, Anna Maria Bernini, a Emanuele Fiano per andare, insieme, a Ca' Foscari, dove l'esponente politico del Pd è stato oggetto di una contestazione da parte di studenti di sinistra, è apprezzabile, è meritevole di approvazione, ma non può cancellare lo straniamento che questo episodio ha provocato, perché ha segnato l'ennesimo sconfinamento della violenza politica nella vita civile.

Fiano contestato a Ca' Foscari: non bastano cerimonie riparatrici

Fiano, che era stato chiamato a parlare della situazione in Medio Oriente, non è solo un politico, è anche ebreo e la sua famiglia ha pagato un tributo pesantissimo all'antisemitismo.
Il padre, Nedo, fu l'unico sopravvissuto della sua famiglia, deportata e sterminata nei campi nazisti e, fino alla morte (nel 2020), ha voluto raccontare la sua vicenda umana e, quindi, quella degli ebrei italiani, pugnalati alle spalle dalle leggi razziali di un Paese del quale si sentivano parte integrante.

A Ca' Foscari un gruppo di studenti è entrato nella sala della conferenza, ha urlato slogan, ha srotolato striscioni a favore della Palestina, ma ha anche impedito a Fiano di parlare, contestandogli il contenuto di vecchi articoli (che avevano per oggetto antisemitismo e antisionismo) e, quindi, accusandolo d'essere un sostenitore di Netanyahu.

Ora - fatta salva l'evidenza che Fiano non è certo un supporter del primo ministro israeliano (espressione di un governo di estrema destra), la sua posizione a favore della soluzione dei due Stati è nota, quanto antica - l'accaduto, sebbene abbia fatto clamore, corre in rischio di essere presto dimenticato, quando invece il suo valore simbolico è enorme, sottolineando come ormai le vicende mediorientali siano quasi un pretesto per una azione politica, in cui l'originaria motivazione è stata cancellata da una corsa verso il radicalismo che sarebbe esiziale sottovalutare.

Che le università siano sempre teatro di manifestazioni di dissenso, verso questo o quel pensiero dominante, appartiene alla storia, non solo italiana. Non è questo che dovrebbe preoccupare, quanto che chi oggi contesta, e lo fa con le modalità di quelli che hanno negato a Fiano il diritto di parlare (avrebbe potuto anche dire bestialità, ma doveva potere esprimere le sue idee!), sembra non avere idea di cosa l'Italia sia riuscita a mettersi alle spalle, chiudendo il doloroso, sanguinoso, devastante capitolo della lotta politica armata.

Il fatto che qualcuno tra i contestatori della conferenza di Fiano abbia riesumato, con le dita di una mano ''atteggiata'' a mo' di una pistola, il segno della P.38 significa solo ignoranza, perché mai a nessuno dovrebbe essere concesso, con quel gesto, di inneggiare alla lotta armata.

Perché è di questo che parliamo. Quelli di Ca' Foscari non sono né figli né nipoti dei terroristi (non parliamo dei colori, neri e rossi erano accomunati dalla stessa follia di volere abbattere la democrazia a colpi di pistola), ma inutili simulacri di una politica che ritiene di doversi affidare alla violenza che, oggi verbale, domani potrebbe degradare.

È l'esercizio della sopraffazione come strumento politico che questa Italia deve eradicare e lo deve fare in fretta perché, come ci ha insegnato la storia degli ''anni di piombo'', anche i bravi ragazzi di oggi potrebbero, come hanno fatto quelli delle stelle a cinque punte e del terrorismo nero, cadere nel vortice dell'emulazione, facendoci rimpiangere di non essere stati, noi, oggi, in grado di fermare questa deriva.

Ben vengano le attestazioni di solidarietà, ben vengano i commenti negativi contro l'accaduto, ben venga, quindi, l'invito della ministra Bernini affinché Fiano torni a Ca' Foscari per parlare. Ma oggi, forse, serve altro.

Serve, ad esempio, che la sinistra - che è pure intervenuta dopo la contestazione, ma non nell'immediatezza, lasciando l'impressione essere in imbarazzo - prenda con nettezza le distanze da chi ha contestato Fiano, il collettivo Sumud e il Fronte della Gioventù Comunista, la cui importanza, nella galassia degli studenti università non è certo proporzionale all' eclatanza del gesto.

E prendere le distanza da tutto quel variegato mondo che, facendosi scudo dalla definizione di sinistra, occhieggia alle frange più violente della società. Le parole di circostanza che qualche esponente del Partito democratico ha usato non sono nulla davanti all'accaduto, che non è tanto o poco a seconda di chi lo commenta. E' accaduto, e in un Paese che si picca di essere democratico non sarebbe dovuto accadere.

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