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FAO: nel 2024 oltre 2,3 miliardi di persone in insicurezza alimentare, l’8,2% del mondo soffre la fame

Redazione
 
FAO: nel 2024 oltre 2,3 miliardi di persone in insicurezza alimentare, l’8,2% del mondo soffre la fame

La lotta alla fame e alla malnutrizione resta una delle sfide più complesse del nostro tempo. A ricordarcelo è l’ultimo rapporto pubblicato oggi dalla FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che ha analizzato lo stato di avanzamento di 22 indicatori collegati a sei Obiettivi di sviluppo sostenibile: dalla fame zero alla parità di genere, dall’accesso all’acqua potabile alla tutela degli ecosistemi terrestri e marini.

 

FAO: nel 2024 oltre 2,3 miliardi di persone in insicurezza alimentare

 

Il quadro che emerge è a luci e ombre. Solo un quarto degli obiettivi appare vicino al traguardo, mentre un altro quarto è ancora distante, in alcuni casi molto distante. Per la metà restante, i Paesi si trovano in una posizione intermedia: non completamente fuori strada, ma nemmeno abbastanza vicini per poter dire di aver imboccato la via giusta. Uno degli aspetti innovativi di questo rapporto è l’introduzione della Diversità alimentare minima per le donne come nuovo indicatore ufficiale degli OSS, approvato all’inizio dell’anno dalla Commissione statistica delle Nazioni Unite.

 

Una misura che mette in evidenza quanto l’accesso a una dieta variata sia ancora lontano dall’essere un diritto garantito, soprattutto per le donne in età fertile che, tra il 2019 e il 2023, hanno raggiunto la soglia minima solo nel 65 per cento dei casi. Le aree più in difficoltà restano l’Africa subsahariana e l’Asia centrale e meridionale, dove le condizioni nutrizionali femminili si sono persino aggravate rispetto al 2015.

 

Il documento della FAO si distingue anche per la vastità della base statistica: la disponibilità di dati aggiornati ha raggiunto il 65 per cento nel 2025, un progresso significativo rispetto al 32 per cento registrato appena otto anni fa. Ma nonostante la maggiore precisione nella misurazione, i numeri raccontano una realtà drammatica.

 

Secondo le stime, nel 2024 quasi 2,3 miliardi di persone, pari al 28 per cento della popolazione mondiale, hanno vissuto una condizione di insicurezza alimentare moderata o grave. Una quota ben più alta rispetto al 21,4 per cento del 2015, che equivaleva a circa 1,6 miliardi di persone. Ancora più allarmante è la stima secondo cui l’8,2 per cento della popolazione globale potrebbe aver sofferto la fame lo scorso anno, segno che l’obiettivo della fame zero resta lontanissimo. Il peggioramento non riguarda solo la disponibilità di cibo.

 

L’andamento dei prezzi alimentari, pur in lieve calo nel 2023, continua a mostrare anomalie tre volte superiori rispetto alla media del periodo 2015-2019. Un fenomeno attribuito alle continue tensioni geopolitiche e agli effetti sempre più pesanti della crisi climatica, che rende instabile la produzione agricola e mette in ginocchio le comunità più vulnerabili. La fotografia della condizione dei piccoli produttori agricoli non è meno scoraggiante. Nei Paesi a basso e medio reddito, i contadini su piccola scala guadagnano meno della metà dei loro colleghi che lavorano su terreni più ampi, con redditi agricoli annuali che spesso non superano i 1.500 dollari.

 Le donne continuano a essere penalizzate nella proprietà della terra: in quasi l’80 per cento dei Paesi analizzati meno della metà ha diritti garantiti e gli uomini risultano in media due volte più favoriti nell’accesso alla proprietà fondiaria. Non mancano, però, alcuni segnali positivi. L’efficienza globale nell’uso dell’acqua è migliorata del 23 per cento tra il 2015 e il 2022, trainata soprattutto dalla crescita economica. Anche il tasso di perdita delle foreste ha registrato un rallentamento, pur restando alto a causa dell’espansione agricola e dell’allevamento.

La superficie forestale mondiale è scesa dal 31,9 per cento del 2000 al 31,2 per cento del 2020, un calo meno rapido rispetto ai decenni precedenti. Sul fronte della pesca, la diffusione di strumenti per contrastare le attività illegali sta crescendo, ma gli effetti concreti faticano a emergere. La percentuale di stock ittici gestiti in modo sostenibile è infatti scesa al 62,5 per cento nel 2021, contro il 90 per cento del 1974, un dato che mette in discussione l’efficacia delle politiche adottate finora.

Il responsabile delle statistiche della FAO, José Rosero Moncayo, ha sottolineato la necessità di un’accelerazione. “Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per raggiungere la sicurezza alimentare, una migliore nutrizione e un’agricoltura sostenibile, garantendo al contempo la sostenibilità delle nostre risorse naturali. Questo rapporto fa luce su quali obiettivi e quali regioni hanno ottenuto i maggiori progressi e quali hanno registrato un peggioramento, e può quindi servire da guida per intensificare gli sforzi nelle aree più arretrate”, ha dichiarato.

Lo stress idrico mondiale appare stabile al 18 per cento, ma il dato nasconde gravi disparità: l’Africa settentrionale e l’Asia occidentale vivono condizioni di scarsità d’acqua sempre più preoccupanti, con ripercussioni dirette sulla produzione alimentare e sulla sopravvivenza delle comunità locali. Il rapporto della FAO, insomma, offre uno spaccato realistico dei progressi e delle criticità legate agli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Se da un lato emergono incoraggianti segnali di miglioramento in alcuni settori, dall’altro i dati sulla fame, sulla parità di genere e sulla sicurezza alimentare globale delineano un quadro che impone una mobilitazione urgente e coordinata. Perché senza un impegno più deciso, il traguardo fissato per il 2030 rischia di restare un miraggio.

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