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Dalle amministrative un campanello d'allarme per il centro-destra

Redazione
 
Dalle amministrative un campanello d'allarme per il centro-destra

Come d'abitudine, a seconda di come vanno, le elezioni amministrative per chi vince sono importanti, mentre, per chi perde non possono essere un test sulla tenuta nazionale delle coalizioni.
Nemmeno quelle di domenica si sottraggono a questo schema con il centro-sinistra che brinda alla vittoria soprattutto a Genova, e la maggioranza di governo che dice che si è trattato di un appuntamento locale, sminuendone l'importanza nello schema generale dell'universo.

Dalle amministrative un campanello d'allarme per il centro-destra

Ma, al di là delle interpretazioni di parte e quindi interessate, il voto amministrativo sembra avere confermato che le tensioni interne agli schieramenti, anche se vengono marginalizzati, alla fine pesano. Come nel centro-sinistra che vede, ancora una volta, i Cinque Stelle muoversi non in linea retta verso l'alleanza con le sinistre, ma a seconda di quel che è il ''periodo'' di Conte.

Restando al governo, la spaccatura sempre più evidente sulle questioni europee sta logorando la tenuta dell'alleanza. Certo, alle punzecchiature interne, fa riscontro l'esigenza di tenere tutti dentro, ma non è che questo giochetto possa reggere per molto tempo ancora, con le due anime che si evidenziano, giorno dopo giorno, e che vedono Matteo Salvini andare da solo, ormai calatosi nel ruolo di groupie di Donald Trump al punto da magnificarne ogni decisione, ogni gesto, anche quelli che rischiano di mandare a gambe all'aria l'economia del Paese.

Ma guai toccare Trump a Salvini che fa di tutto per allinearsi alle politiche del presidente Usa pur di rivendicare la sua vicinanza alla Casa Bianca. Che poi sia reale o vantata è un altro discorso, ma lui, Salvini, non perde occasione per dire quanto è bravo Trump, quanto è bello Trump, quanto è buono Trump, traslando nella sua dialettica quella del Fracchia di Villaggio.

Però, al netto delle interpretazioni, la scoppola di Genova e Ravenna per il centro-destra (che invece la considera meno di un buffetto) resta, soprattutto se si guarda al capoluogo ligure, dove la vittoria di Bucci alle regionali aveva indotto a pensare che la tempesta del caso Toti fosse stata tranquillamente assorbita.

Perdere Genova, per la maggioranza di governo, è un preciso segnale non tanto perché a vincere è stato un volto nuovo e diverso (Silvia Salis era nota soprattutto in ambito sportivo) rispetto alla nomenklatura di centro-destra, quanto perché segnala inequivocabilmente che quel consenso che Toti (e con lui Bucci) aveva creato stenta a consolidarsi e perpetrarsi, quasi che la gente abbia voglia di cambiamento vero e non strombazzato, quello che si fa cambia solo il nome del candidato.

Ecco allora che, per forza, il discorso si deve ampliare agli imminenti appuntamenti regionali, che si avvicinano con uno scenario che, se ancora incerto nell'opposizione, lo è molto di più nel centro-destra dove l'ormai accettato scoglio del terzo mandato, subito e metabolizzato da Salvini, non è che chiarisca tutto.

Perché la partita vera si gioca sui candidati e sulla loro distribuzione. Nel senso che la Lega deve considerare ''perso'' il Veneto, e non solo, vista la continua erosione del suo consenso che non giustifica più la voce grossa che Salvini intende fare quando si dovrà decidere ''chi candidare dove'' .

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