Economia
Credito a doppia velocità, la discesa dei tassi BCE non premia le PMI italiane
Redazione

La riduzione dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale europea non si è tradotta in un beneficio uniforme per le imprese italiane. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, che evidenzia come, nonostante un calo di 250 punti base del tasso BCE tra maggio 2024 e maggio 2025 (dal 4,50% al 2,00%), il costo del credito per le piccole e medie imprese sia diminuito solo in misura parziale.
Credito a doppia velocità, la discesa dei tassi BCE non premia le PMI italiane
Nel dettaglio, i tassi bancari sui prestiti inferiori a 1 milione di euro sono scesi dal 5,91% al 4,43% (-148 punti base), mentre i finanziamenti oltre il milione hanno registrato una flessione più marcata: dal 5,49% al 3,50% (-199 punti base). Lo spread attuale tra tasso BCE e prestiti bancari è così pari a 243 punti base per le PMI e 150 per le grandi imprese, confermando una trasmissione asimmetrica della politica monetaria.
Secondo Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Unimpresa (in foto), si è consolidato un “credito a doppia velocità” che penalizza proprio il cuore produttivo del Paese: “Le condizioni applicate dalle banche riflettono una maggiore prudenza nella valutazione del rischio, una concorrenza meno intensa sui piccoli importi e strategie orientate a mantenere margini elevati proprio dove le imprese hanno meno potere negoziale”.
Durante la fase restrittiva del 2022–2023, le banche hanno aumentato rapidamente i tassi, adeguandosi in modo tempestivo all’inasprimento della politica monetaria. Ma nella fase espansiva iniziata a metà 2024, la discesa è risultata più lenta e meno proporzionale. Non solo: il divario strutturale tra prestiti piccoli e grandi non si è mai colmato, neanche nei momenti di massimo allentamento.
A maggio 2025, anche con tassi ufficiali ai minimi, i piccoli prestiti restano sopra il 4,4%, mentre quelli superiori al milione viaggiano attorno al 3,5%. Nel 2022, quando il tasso BCE era allo 0%, lo spread era già evidente: 220 punti per le PMI, 77 per le grandi aziende. Oggi, nonostante le condizioni macroeconomiche più favorevoli, il differenziale si è ampliato e stabilizzato.
Unimpresa sottolinea come questa dinamica stia generando distorsioni competitive. Le PMI, che spesso non hanno accesso a canali alternativi di finanziamento come il mercato dei capitali o l’emissione di bond, si trovano a fronteggiare condizioni più onerose. In altre parole, chi ha meno strumenti negoziali paga di più, anche in una fase di tassi in calo.
Il Centro studi conclude segnalando che la trasmissione della politica monetaria rimane incompleta, soprattutto nel comparto delle imprese minori, e che servono interventi mirati per riequilibrare il mercato del credito e garantire alle PMI condizioni più eque. Senza un’azione correttiva, il rischio è che la ripresa economica venga trainata solo dalle aziende più strutturate, lasciando indietro il tessuto produttivo diffuso che rappresenta la vera forza dell’economia italiana.