Economia

Commercio in retromarcia, investimenti in prima. Lo scenario Csc tra dazi, incertezza e la leva delle famiglie italiane

Redazione
 
Commercio in retromarcia, investimenti in prima. Lo scenario Csc tra dazi, incertezza e la leva delle famiglie italiane
Il quadro internazionale si è incrinato. L’impennata di barriere tariffarie e non tariffarie, ai massimi nei primi otto mesi del 2025, ha drogato i flussi nel primo trimestre (frontloading pre-dazi verso gli Stati Uniti) e prodotto una brusca correzione nel secondo. Nello scenario del Centro Studi Confindustria, il commercio mondiale crescerà del 2,8% nel 2025 per poi frenare all’1,2% nel 2026, una traiettoria rivista al rialzo nell’anno in corso per effetto meccanico dell’anticipo delle vendite, ma verso il basso nel prossimo, con rischi ulteriori legati alla contrapposizione tra blocchi geopolitici.

Commercio in retromarcia, investimenti in prima. Lo scenario Csc tra dazi, incertezza e la leva delle famiglie italiane

A complicare il quadro pesa un indice globale di incertezza delle politiche economiche risalito in primavera ai livelli della pandemia. Il principale contributo viene dalla politica commerciale Usa, se alcuni accordi hanno chiarito la nuova mappa tariffaria, restano fronti aperti e margini di cambiamento. Gli effetti sono tangibili, mercati più volatili, piani di investimento in stand-by e catene del valore in riconfigurazione. Paradossalmente, l’economia più danneggiata dai dazi resta quella statunitense: crescita in rallentamento all’1,7% nel 2025 e all’1,6% nel 2026 (dal 2,8% del 2024), con tagli dei tassi che dispiegheranno effetti solo a distanza di trimestri e aspettative di inflazione in risalita.

Gli Usa ridisegnano anche la geografia degli scambi con l’Europa, tariffe azzerate per gli acquisti Ue di industriali americani, dazi al 15% su gran parte dell’import Ue negli Usa (auto, farmaci non generici, semiconduttori) e il mantenimento del 50% su acciaio e alluminio. Con un euro forte, la competitività di prezzo europea è sotto pressione e l’incentivo alla rilocalizzazione in America cresce.

In Eurozona la crescita rimane anemica: +1,2% nel 2025 e +1,1% nel 2026, con un primo trimestre gonfiato da effetti statistici e con investimenti volatili. La Bce ha completato l’allentamento (-2 punti in un anno, tasso al 2,0%) e, salvo shock, manterrà l’assetto. Energia: Brent ipotizzato in calo (67 dollari nel 2025, 62 nel 2026), gas europeo ancora caro rispetto al pre-2020 e molto sopra i livelli Usa. In questo contesto, l’accordo Ue-Mercosur, in attesa di ratifica, può aprire valvole di sfogo per l’export europeo, in primis Germania e Italia, nei segmenti in cui il taglio dei dazi sarà più marcato.

Per l’Italia il Csc stima un Pil a +0,5% nel 2025 e +0,7% nel 2026. La domanda estera netta frena, con export vicino allo zero e import in aumento; tengono invece gli investimenti fissi lordi: +3,0% nel 2025 e +1,9% nel 2026, sospinti da Transizione 4.0/5.0, PNRR e credito più favorevole (tasso medio sui nuovi prestiti al 3,50%). I consumi restano cauti per l’alta propensione al risparmio. L’occupazione cresce più del Pil nel 2025 (+0,9% ULA), poi rallenta; disoccupazione media al 6,0% nel 2025 e 5,8% nel 2026. Inflazione intorno all’1,8% nel biennio, con recupero lento dei salari reali.

Il moltiplicatore pubblico non basta da solo. Il PNRR vale, nello scenario, +0,8% di Pil nel 2025 e +0,6% nel 2026; senza, l’Italia sarebbe in stagnazione. Ma il salto richiede una nuova stagione di incentivi mirati al capitale tecnologico, le valutazioni ex-post indicano che le misure 4.0 (2020-2022) hanno più che raddoppiato gli investimenti delle micro imprese, quasi raddoppiato quelli delle piccole e spinto del 35-45% le medie (20-25% le grandi), ripagando quasi metà del costo per lo Stato (48,6%). Programmare ora la “fase 2” è cruciale.

C’è poi la grande leva privata, oltre 6.000 miliardi di ricchezza finanziaria delle famiglie (1.500 miliardi in depositi). Deviare anche solo l’1% dai conti verso strumenti di imprese e infrastrutture italiane libererebbe 15 miliardi l’anno per investimenti produttivi, sanità e istruzione. Il Mezzogiorno dimostra che, con strumenti giusti (Zes Unica, decontribuzione, PNRR), la convergenza è possibile: dal 2020 al 2023 ha corso più del resto del Paese, contribuendo in modo determinante all’occupazione e all’export.
  • Non è solo luce e gas, è l'energia di casa tua.
  • Villa Mafalda Radiologia Interventistica
  • Fineco Change is Good
  • Fineco Change is Good
  • Fineco Change is Good
  • Fineco Change is Good
Rimani sempre aggiornato sulle notizie di tuo interesse iscrivendoti alla nostra Newsletter
Notizie dello stesso argomento
Giorgetti: “Prudenza e responsabilità per la finanza pubblica, ma sostegno a famiglie, imprese e lavoratori”
02/10/2025
di Redazione
Giorgetti: “Prudenza e responsabilità per la finanza pubblica, ma sostegno a famiglie, imp...
MPS, nuovo upgrade del rating da Morningstar DBRS dopo l’operazione Mediobanca
02/10/2025
di Redazione
MPS, nuovo upgrade del rating da Morningstar DBRS dopo l’operazione Mediobanca
Piazza Affari chiude piatta, brilla Stellantis e spiccano i MidCap
02/10/2025
di Luca Andrea
Piazza Affari chiude piatta, brilla Stellantis e spiccano i MidCap
Italia in fondo alla classifica global, ma alcune PMI puntano la Borsa
02/10/2025
Redazione
Italia in fondo alla classifica global, ma alcune PMI puntano la Borsa