Economia

CNEL: L'Italia rischia un calo di 2,5 milioni di occupati entro il 2035 a causa degli squilibri demografici

Redazione
 

L’Italia ha intrapreso dal 2014 un processo di declino demografico che, dopo aver ridotto la popolazione totale, sta ora influenzando anche la popolazione in età attiva, con gravi implicazioni per la forza lavoro potenziale del Paese. Questo è quanto emerge dal rapporto “Demografia e forza lavoro” del CNEL, curato dal consigliere Alessandro Rosina (nella foto) e approvato dall'Assemblea il 18 dicembre scorso. Secondo il rapporto, gli squilibri demografici in Italia si sono acuiti negli anni, con il Paese che oggi presenta la più bassa incidenza degli under 35 sul totale della popolazione nell’Unione Europea. Un dato emblematico riguarda la fascia di età 25-34 anni, che, in tutti i principali Paesi europei all'inizio del XXI secolo, era più abbondante rispetto alla fascia 55-64 anni. Oggi, però, la situazione si è capovolta, con la fascia 55-64 anni che ha superato quella 25-34 anni in tutti i Paesi, e l’Italia è il Paese con il maggiore squilibrio: la fascia giovane-adulta (25-34) è circa il 30% in meno rispetto alla classe 55-64. In Francia, la perdita è più contenuta, con una differenza del 10%.

CNEL: L'Italia rischia un calo di 2,5 milioni di occupati entro il 2035 a causa degli squilibri demografici

A livello occupazionale, l’Italia è anche il Paese europeo con il maggiore squilibrio generazionale. Secondo gli ultimi dati comparativi di Eurostat, la fascia 25-34 anni conta quasi un milione di occupati in meno rispetto alla fascia 55-64 anni, con circa 4,2 milioni di occupati nella fascia 25-34 e oltre 5,1 milioni nella fascia 55-64. In percentuale, ciò corrisponde a circa il 20% in meno di occupati giovani rispetto ai lavoratori più maturi. La Germania registra una differenza del 10%, mentre la Spagna si trova in equilibrio, con numeri simili tra le due fasce.

La Francia, invece, mostra un surplus di occupati nella fascia 25-34 rispetto alla fascia 55-64, con circa il 20% in più. Questa differenza contribuisce a rendere l’Italia più vulnerabile nei processi di crescita e sviluppo rispetto agli altri grandi Paesi europei, con una componente di giovani occupati molto più debole.
Il rapporto CNEL evidenzia anche come negli ultimi venticinque anni si sia verificato un ribaltamento radicale nelle strutture demografiche e occupazionali italiane. In passato, la fascia 15-34 anni era circa 3 milioni di persone più numerosa rispetto alla fascia 55-74 anni. Oggi, invece, la fascia più matura (55-74 anni) è composta da circa 4 milioni di persone in più rispetto alla fascia 25-34 anni. Questo cambiamento è frutto di un processo che sta accelerando, con un impatto negativo sulla forza lavoro e sull’equilibrio generazionale.

Le previsioni per i prossimi dieci anni sono preoccupanti. Secondo il rapporto, se non si adotta una politica attiva per aumentare il tasso di occupazione delle nuove generazioni, l’Italia vedrà una riduzione complessiva della sua forza lavoro di circa 2,5 milioni di occupati entro il 2035, portando il numero totale degli occupati sotto i 21,5 milioni. La diminuzione degli occupati è attribuibile principalmente agli effetti delle dinamiche demografiche, con l’invecchiamento della popolazione e la persistente bassa natalità. L’Italia presenta tassi di occupazione giovanile tra i più bassi d'Europa, un fattore che peggiora ulteriormente la situazione e riduce la capacità competitiva del Paese.

Rosina, curatore del rapporto, avverte sulla necessità di adottare un “nuovo patto generazionale” per affrontare l'inevitabile impatto negativo di questi squilibri. “Per evitare che il peso degli squilibri demografici diventi eccessivo, assieme a quello del debito pubblico, la via principale è rafforzare il contributo attivo delle nuove generazioni allo sviluppo economico del Paese e migliorare le condizioni di valorizzazione in tutto il percorso professionale”, afferma Rosina.

Il rapporto sottolinea la necessità di concentrare gli sforzi su tre ambiti chiave per contrastare il declino demografico: la transizione scuola-lavoro, la formazione continua dei lavoratori, e l’armonizzazione tra tempi di lavoro, tempi di vita e responsabilità familiari, ambiti considerati strategici per migliorare le condizioni di occupabilità dei giovani, attrarre talenti e ridurre il fenomeno della “fuga dei cervelli”. “Investire in formazione, innovazione e valorizzazione del capitale umano è fondamentale per superare gli attuali squilibri, rilanciare l’economia e affrontare le sfide globali”, conclude Rosina, avvertendo che senza un impegno concreto per ridurre il divario generazionale, l’Italia rischia di trovarsi con sempre meno giovani, sempre più demotivati, e con una forza lavoro inadeguata per competere con gli altri Paesi europei.

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