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La sorte di Cecilia Sala impone una risposta ancora più ferma

Redazione
 
La sorte di Cecilia Sala impone una risposta ancora più ferma

S'è perso anche troppo tempo: Cecilia Sala è in un carcere di Teheran iraniano da molti giorni non per essere una giornalista, non per avere violato le leggi del Paese, ma per il semplice fatto di essere italiana e, quindi, di potere essere utilizzata come pedina di scambio per ottenere la libertà di un ingegnere iraniano, accusato dagli Usa di terrorismo.
Le poche notizie che trapelano raccontano di una prigionia di Cecilia Sala né peggio, né meglio di quello che patiscono le altre detenute del carcere di Evin, quindi terribili, disumane, umilianti.
Con l'aggravante che sulla giornalista italiana sembrano essere state fatte calare delle misure che vogliono aggravare le già dure condizioni dell'isolamento, negandole un letto, negandole libri e, quindi, rendendo inutili per lei gli occhiali, che le sono stati sequestrati.

La sorte di Cecilia Sala impone una risposta ancora più ferma

Dal 27 dicembre, da quando all'ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amedei, è stato concesso di incontrarla, Cecilia Sala non vede nessuno perché è questo che vogliono le autorità iraniane, probabilmente per accentuare il peso ''politico'' della vicenda, quindi la leva della pressione sul governo italiano. Che sta facendo quel che deve fare, ma, agli occhi dell'opinione pubblica, forse non tutto quello che sarebbe necessario per mettere prima possibile la parola fine su questa indegna storia.

Indegna perché, lo sappiamo noi, lo sanno tutti, Cecilia Sala è stata arrestata non per quello che aveva fatto (la sua professione) , ma solo per essere usata come pedina di scambio, come si faceva con le figurine.
Solo che qui, oltre alla sorte umana della giornalista, c'è in gioco anche il profilo di un Paese che è sotto ricatto, nient'altro che questo. Le vie della diplomazia, si sa, non sono sempre comprensibili, percorrendo strade irte di difficoltà e andando per tortuose mediazioni che, immancabilmente, al di là dei toni trionfalistici che sempre accompagnano un esito positivo, si traducono per una sconfitta.
Intanto da Cecilia Sala arriva un appello a fare presto, che non è certo rivolto alla famiglia, che sta aspettando in silenzio notizie della giornalista, ma al governo, che non può restare inane davanti al disprezzo mostrato da Teheran che, dopo avere dichiarato che avrebbe trattato la reclusa italiana, ''in modo dignitoso'' la sta invece privando di tutto. E per tutto non intendiamo libri o sigarette, ma anche solo un maglione per sopportare i rifori dell'inverno.

La Farnesina ha chiesto che Cecilia Sala sia liberata ''immediatamente'' e che a lei siano garantite condizioni di detenzione degne di tale nome. Ma c'era da aspettarsi la durezza del regime di detenzione anche solo leggendo le motivazioni dell'arresto, generiche violazioni delle leggi della Repubblica islamica, che spesso vengono usate contro i dissidenti.
L'atteggiamento delle autorità iraniane è ancora più esecrabile se si pensa che Mohammad Abedini-Najafabad, l'ingegnere arrestato all'aeroporto di Malpensa e che si trova in un carcere italiano, è trattato nel rispetto della sua condizione e della sua dignità. Quindi dorme su un letto, al caldo, mentre l'altra faccia di questa iniqua equazione dorme per terra, al freddo.

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