Le difficoltà degli italiani, in questo momento, non sono solo quella di stare dietro alle strampalate affermazioni di qualche ministro o sottosegretario, ma arrivare a fine mese (ma anche prima) con il terrore di vedersi recapitare un tagliandino in cui questo o quel gestore energetico gli ricorda, gentilmente, che deve mettere mani al portafoglio e pagare.
Luce, gas, e qualsiasi altra cosa, ma deve pagare.
Il caro bollette apre una crepa nel governo
È un argomento che torna ciclicamente, ma, in questi tempi incerti, torna con troppa frequenza, a conferma che forse la narrazione entusiastica di un Paese in crescita economica esponenziale, in cui tutti i cittadini vivono felici e contenti, liberi e soddisfatti, è leggermente forzata rispetto ad una realtà che, per fasce sempre più ampie della popolazione, è spesso drammatica.
Per questo occorre porre attenzione a quanto sta accadendo dentro il governo, dove Giorgia Meloni, se proprio doveva contare con un ministro, andandoci sempre d'accordo, anche nei momento di maggiore turbolenza politica, non poteva che pensare a Giancarlo Giorgetti. Questo almeno sino a ieri, quando il presidente del consiglio ha respinto la bozza del decreto legge - targata Mef - che avrebbe dovuto dare respiro agli italiani, aggrediti dalle bollette sempre più alte.
Ora, va da sé che il presidente del consiglio (questo, quelli del passato e speriamo del futuro) abbia a cuore il portafoglio degli italiani e, per questo, chieda allo Stato uno sforzo maggiore, in termini di fondi a disposizione.
Ma il gesto di Giorgia Meloni di rispedire al Mef un decreto legge da tre miliardi di euro, oltre ad una valenza oggettiva (sto con gli italiani, parrebbe di sentirla dire), ne ha un'altra squisitamente politica, ma anche di rapporti personali.
Insomma chiedere a Giorgetti di ''riscrivere'', dal punto di vista della disponibilità di cassa, il decreto non è solo un momento della normale dialettica dentro il governo, ma quasi una tirata d'orecchi virtuale ad un ministro che, pure di stare accanto a Giorgia Meloni, s'è discostato dalle spericolate tesi economiche (o fiscali, decida il lettore) di Matteo Salvini.
Insomma, se Meloni aveva un alleato dentro il governo - al di fuori della cerchia dei ministri di Fratelli d'Italia - questo era Giorgetti che, dicono le cronache non ufficiali, non l'ha presa bene. Anzi, l'ha presa proprio male, forse chiedendosi cosa di più avrebbe potuto fare, dopo avere recuperato, qui e là, i tre miliardi per aiutare i più fragili a sfuggire al nodo scorsoio delle bollette.
Ora, quando tornerà dal Sudafrica, per il G7 dell'Economia, Giorgetti dovrà chiudersi in una stanza con i suoi collaboratori per uscire dall'angolo in cui la forte richiesta di Giorgia Meloni (fare di più) lo ha messo. Perché, ''obbedire'' al presidente del consiglio significa aumentare la dotazione finanziarie per tamponare il caro bollette, ma pure capire come dire di no (anche solo parzialmente) a Lega e Forza Italia che insistono per la rottamazione delle cartelle esattoria e il taglio dell'Irpef.