Il dibattito sul futuro della mobilità in Europa, con il traguardo del 2035 fissato per l’addio ai motori tradizionali, torna a intrecciarsi con una ricorrenza simbolica: la Giornata mondiale senza auto. Ogni 22 settembre, da ormai decenni, città in tutto il mondo provano a immaginarsi senza traffico, riscoprendo il piacere di spazi urbani liberi dal frastuono e dallo smog.
Car Free Day, 1.500 città nel mondo celebrano la giornata senza auto in 40 Paesi
La data non è una semplice celebrazione, ma un invito concreto a riflettere sul peso che le automobili hanno assunto nelle nostre vite. Oggi nel mondo circolano circa un miliardo e mezzo di veicoli, la maggior parte alimentati ancora a benzina o diesel, e secondo le stime si arriverà a quota due miliardi entro il 2035.
Numeri che parlano da soli e che raccontano di una dipendenza globale difficilmente sostenibile. Non è un’iniziativa recente: le sue radici affondano negli anni Settanta, quando la crisi petrolifera costrinse i governi a sperimentare i primi blocchi della circolazione. L’Islanda fu pioniera nel 1973, seguita dall’Italia con le targhe alterne e le cosiddette giornate ecologiche.
Poi, nel 1994, la Commissione europea decise di dare una cornice ufficiale alla mobilitazione, lanciando la campagna “In città senza l’auto”. Da allora, la partecipazione è cresciuta, e lo scorso anno in Italia sono state ben 71 le città che hanno aderito con eventi, passeggiate collettive e manifestazioni sportive. “Il 22 settembre in moltissime città del mondo si celebra il Car Free Day, l’evento che incoraggia tutti quanti a lasciare a casa l’automobile, così da riscoprire il fascino delle proprie città senza traffico”, spiegano gli organizzatori.
La ricorrenza coinvolge circa 1.500 centri urbani in 40 Paesi diversi, ciascuno con modalità proprie ma con un obiettivo comune: ridurre le auto in strada, e di conseguenza traffico e inquinamento. Nel manifesto dell’iniziativa si legge che “la dipendenza dall’automobile ha portato alla diffusione globale di uno stile di vita socialmente ed ambientalmente distruttivo”.
Del resto, uno sguardo alla storia basta a rendere l’idea della crescita impetuosa del parco circolante: nel 1950 erano 70 milioni i mezzi a motore, camion e autobus compresi; nel 1994 erano già diventati 630 milioni, con un incremento di 16 milioni l’anno a partire dagli anni Settanta.
Oggi i veicoli assorbono 37 milioni di barili di petrolio al giorno, cioè la metà del consumo mondiale, e producono gas responsabili di quasi metà dell’inquinamento atmosferico e di un terzo delle emissioni di gas serra. Il problema però non si limita alle emissioni. Che siano etichettate come “verdi” o “pulite”, le automobili restano tra le principali cause di morte e invalidità. “Il traffico veicolare uccide un numero di persone quattro volte superiore a quello delle guerre, 1,26 milioni di vite all’anno, cioè oltre 3.000 morti al giorno”, ricorda l’organizzazione.
E ai decessi vanno aggiunti i 10-15 milioni di feriti e invalidi ogni anno, senza contare gli effetti collaterali su animali e ambiente. C’è poi l’impatto urbanistico: le città plasmate dall’automobile finiscono per essere meno vivibili, frammentate, progettate più per la velocità che per la socialità. Strade ampie e parcheggi sostituiscono spazi di comunità, contribuendo a disegnare ambienti a misura di motore piuttosto che di persone. Per questo la Giornata mondiale senza auto non vuole essere solo un gesto simbolico, ma un tassello di una visione più ampia. “Le comunità libere dall’auto costituiscono una pietra angolare della società sostenibile”, sostengono i promotori, convinti che città più attente ai pedoni e ai ciclisti possano restituire qualità di vita, salute e inclusione.