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Cani da assistenza: la Spagna corre, l’Italia attende

Barbara Leone
 
Cani da assistenza: la Spagna corre, l’Italia attende

La Spagna compie un balzo in avanti sul fronte dei diritti delle persone con disabilità, approvando una normativa organica e progressista sui cani da assistenza. Il Consiglio dei ministri spagnolo ha varato infatti un decreto che estende ufficialmente il riconoscimento e la tutela di questi animali ben oltre i limiti finora imposti. Un passo epocale, che pone il Paese iberico tra i modelli legislativi più avanzati in Europa sul tema.

Cani da assistenza: la Spagna corre, l’Italia attende

Il testo normativo, proposto dal ministro dei Diritti Sociali Pablo Bustinduy, stabilisce che i cani da assistenza potranno accedere liberamente a tutti gli spazi pubblici e privati di uso collettivo, inclusi ristoranti, musei, teatri, centri sanitari, strutture sportive, spiagge, piscine e parchi acquatici (seppure senza contatto con l’acqua).

Una svolta significativa per migliaia di cittadini spagnoli affetti da disabilità fisiche, sensoriali, cognitive o neurodivergenti, ma anche per donne vittime di violenza di genere, che potranno essere affiancate da un cane addestrato anche nei rifugi e nei centri di accoglienza.

"Questi cani combattono la solitudine e promuovono l'autonomia personale", ha dichiarato il ministro Bustinduy, sottolineando il valore sociale e psicologico del provvedimento, che aggiorna e sostituisce un ormai obsoleto decreto del 1983, allora limitato alla sola disabilità visiva. Da oggi in Spagna, il diritto all'accompagnamento non sarà più confinato a una singola comunità autonoma, ma riconosciuto su tutto il territorio nazionale.

La legge spagnola non si limita a definire diritti umani, ma si premura anche di tutelare il benessere animale. Ogni cane da assistenza dovrà essere formato da enti accreditati, secondo standard definiti a livello statale. Inoltre, il decreto fissa l'età di pensionamento obbligatorio a 10 anni, garantendo tuttavia il diritto dell’animale a continuare ad accedere ai luoghi pubblici anche dopo la fine del servizio attivo. Un equilibrio virtuoso tra funzione e affetto, tra utilità e dignità, che ben fotografa un approccio moderno e responsabile nei confronti degli animali impiegati in attività assistite. È un riconoscimento concreto, non più relegato alla retorica della compagnia, ma esteso alla sfera dei diritti civili.

In Italia, invece, il quadro è ancora nebuloso. I cani da assistenza, pur svolgendo funzioni analoghe a quelle dei colleghi spagnoli, non godono ancora di un riconoscimento giuridico pieno. L’Accordo Stato-Regioni del 25 marzo 2015, che prevedeva una parziale equiparazione ai cani guida, è rimasto di fatto lettera morta, mancando una legge nazionale organica che disciplini il settore in maniera coerente e uniforme. Il risultato? Accesso incerto a uffici, negozi e mezzi pubblici; assenza di percorsi di addestramento standardizzati; nessun riconoscimento ufficiale del binomio cane-persona disabile; confusione normativa tra regioni. Una lacuna grave, che espone i disabili a discriminazioni quotidiane e i loro animali a trattamenti arbitrari, quando non ostili.

Uno spiraglio si è aperto con l’ultima Legge di Bilancio, che all'articolo 223 introduce per la prima volta la gratuità del trasporto pubblico anche per i cani di assistenza diversi dai cani guida: un segnale positivo, certo, ma ancora parziale. Il vero cambiamento dovrebbe arrivare nei prossimi mesi con l’atteso decreto interministeriale Salute-Disabilità, che dovrà dettagliare le condizioni di addestramento, riconoscimento e tesseramento dei cani di assistenza.

Il decreto, attualmente in fase di elaborazione, prevede: la definizione delle condizioni sanitarie e disabilità che legittimano il ricorso a un cane di assistenza; l’istituzione di un registro nazionale dei soggetti formatori accreditati; l’introduzione di un tesserino identificativo per ogni cane, registrato nel Sistema di identificazione nazionale degli animali da compagnia (Sinac). E ancora: stanziamenti pari a 1 milione di euro per il trasporto pubblico e 400mila euro annui per il controllo e la formazione, e una detrazione fiscale di 1.100 euro per il mantenimento del cane, riservata però – ancora una volta – ai soli non vedenti.

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