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Il caffè a 50 centesimi: l'apologo padovano della tazzina pellegrina

Barbara Leone
 
Il caffè a 50 centesimi: l'apologo padovano della tazzina pellegrina

Nel quartiere Crocifisso di Padova, toponimo che già prelude a supplizi assortiti, la titolare di un bar ha partorito un'epifania commerciale degna degli annali del pauperismo caffeicolo contemporaneo. Lina Oldrati, proprietaria del Bar da Giulia, sito in via del Commissario 32, ha inaugurato infatti una prassi che avrebbe fatto la gioia di Diogene: vuoi l'espresso a 50 centesimi? Portati la tazzina da casa.

Il caffè a 50 centesimi: l'apologo padovano della tazzina pellegrina

L'iniziativa, che coniuga l'afflato francescano con una prosaica ottimizzazione dei costi di lavastoviglie, si configura come risposta creativa - o disperata, fate voi - all'apocalisse dei listini. Giacché, come ci rammenta la Oldrati con encomiabile trasparenza contabile, il caffè è passato da 17 a 35 euro al chilo, mentre il decaffeinato, surrogato per anime pavide, ha toccato i 45. Cifre che trasformano ogni espresso in un atto di temerarietà finanziaria. La ratio dell'operazione è cristallina: meno tazzine nella lavastoviglie equivale a meno spese per il bar. Ergo: un prezzo calmierato per il cliente.

Una sillogismo adamantino, se non fosse che richiede ai patrons di deambulare per la città con vasellame al seguito, trasformando ogni pausa caffè in una sorta di picnic urbano. Si immaginano già i padovani del Crocifisso, quartiere dal nome sempre più profetico, che sfilano con le loro tazze come moderni questuanti della caffeina. Le condizioni sono perentorie: niente corretto, macchiato o ginseng. Solo espresso monacale nella sua essenzialità. E la tazzina deve essere igienizzabile, quindi addio ai contenitori di carta o plastica.

La Oldrati procede a un'accurata sanificazione con vapore e acqua bollente, trasformando ogni servizio in un rito lustrale degno di un chirurgo ante-operatorio. L'aspetto paradossale della vicenda risiede nella sua legittimità. Perché in un Paese come l’Italia, dove il caffè al bar è ancora considerato un diritto costituzionale non scritto, alla stregua del parcheggio in doppia fila e del diritto a mandare a quel paese chi ti taglia la strada, vedere l'espresso lievitare verso 1,50 euro ha tutta l'aura di una Caporetto gastronomica.

La Oldrati, con pragmatismo da mercante veneziana, ha semplicemente esternalizzato parte del servizio sulla clientela. Non solo. Perché l'iniziativa si fregia pure di un'aureola ecologista: meno lavastoviglie, meno sprechi, meno monouso. Una sostenibilità che puzza vagamente di nécessité mais aussi vertu, ma tant'è. In tempi di greenwashing imperante, anche il risparmio può essere riverniciato di verde. Ora, la domanda sorge spontanea.

E chiedo venia per questa concessione al luogo comune, ma è inevitabile: fino a dove ci spingeremo nell'epoca dell'autoriduzione dei servizi? Dovremo presto portarci anche il cucchiaino? Il tovagliolino ricamato dalla nonna? E perché fermarsi al bar: in pizzeria potremmo portare i nostri piatti, dal parrucchiere le nostre forbici, dal dentista il nostro trapano. Nel frattempo, il Bar da Giulia potrebbe fare scuola. Espresso a 50 centesimi, tazzina al seguito e un pizzico di dignità. Ah no, quella la offre ancora la casa.

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