Nel cuore del Texas, dove l'orizzonte si estende senza confini e l'eco degli zoccoli risuona nella polvere, affonda le radici la nuova esplorazione musicale di Beyoncé. Con il suo ottavo album, Cowboy Carter, la regina del pop ha valicato i confini del country, abbracciandone le suggestioni senza tradire la propria essenza. Un'operazione che, se inizialmente ha destato sorpresa, si è rivelata una riscoperta di antiche connessioni tra la comunità afroamericana e l'immaginario del West, ridefinendo una narrazione fin troppo a lungo appannaggio esclusivo della cultura bianca.
Beyoncé: il richiamo del West, ma anche la celebrazione dei cowboy neri
La consacrazione definitiva è arrivata ai 67° Grammy Awards, dove ha trionfato nelle categorie Miglior Album Country, Miglior Performance Country Duo/Gruppo e Album dell'Anno, portando il bottino complessivo di Grammy della cantante a quota 35, un record assoluto.
Un risultato che non solo riafferma la sua poliedricità artistica, ma segna anche una svolta nel panorama musicale americano, consolidando il crescente riconoscimento della musica country nera e della sua influenza storica.
Del resto Houston, la città natale di Beyoncé, non è solo una metropoli pulsante di modernità, ma anche un crocevia di storia e tradizione cowboy. Ospita uno dei rodei più importanti al mondo, l'Houston Livestock Show and Rodeo, simbolo di un retaggio che affonda le sue radici in un passato meno noto al grande pubblico: quello dei cowboy neri. Contrariamente all'immaginario popolare plasmato da Hollywood e dalla letteratura western, una parte significativa dei cowboy del XIX secolo era afroamericana.
Stime storiche suggeriscono che un cowboy su quattro fosse nero, in un'epoca in cui l'equitazione e la vita nei ranch rappresentavano un'importante via di emancipazione per molti ex schiavi. Eppure, l'iconografia del cowboy è rimasta a lungo esclusivamente bianca, relegando nell'ombra figure di spicco come Bill Pickett, l'inventore della spettacolare tecnica del bulldogging, che gli valse un posto nella National Rodeo Hall of Fame.
La cultura dei cowboy neri non è solo un retaggio del passato, ma una realtà viva e attuale. Ancora oggi, in tutto il Texas e oltre, esistono comunità di cowboy e cowgirl afroamericani che perpetuano tradizioni secolari. Le competizioni di rodeo, i raduni a cavallo e le fiere del bestiame rappresentano momenti di aggregazione in cui si tramanda un’identità culturale troppo a lungo trascurata.
Pur dichiarando che Cowboy Carter “non è un album country, ma un album di Beyoncé”, l'artista ha saputo attingere alle profonde radici del genere, intrecciandole con le sonorità che da sempre caratterizzano il suo stile. Un'operazione musicale che si manifesta attraverso un sapiente uso della slide guitar, architetture armoniche ricche di twang, arrangiamenti che spaziano dalla ballata classica al bluegrass, e la presenza di strumenti iconici come il banjo e il fiddle.
L'album non è un omaggio nostalgico, ma un'opera di riscrittura identitaria che chiama in causa figure storiche e contemporanee della musica country nera. Forte del successo planetario di Texas Hold 'Em, primo brano di una donna di colore a scalare la Billboard Hot Country Songs Chart, Cowboy Carter si avvale della collaborazione di artisti come Rhiannon Giddens e Brittany Spencer, voci che da anni lottano per un riconoscimento nel panorama country.
La musicologa Francesca Royster, autrice del libro Black Country Music: Listening for Revolutions, sottolinea come l’ingresso di Beyoncé nel genere rappresenti una cesura rispetto al passato: “Per troppo tempo l’America ha codificato il country come bianco, ma la sua storia racconta altro. Il cowboy è stato eretto a simbolo dell'espansione occidentale, ma l’ha incarnato chiunque abbia vissuto e lavorato nelle praterie, indipendentemente dal colore della pelle”.
Un successo, quello di Cowboy Carter, che ha avuto l’effetto di riportare sotto i riflettori una tradizione mai sopita, testimoniata da eventi e istituzioni che celebrano il contributo afroamericano al mondo western. Un esempio è la Prairie View Trail Riders Association, che dal 1957 attraversa a cavallo il Texas per raggiungere l'Houston Livestock Show and Rodeo, un pellegrinaggio che rievoca la storia dimenticata dei cowboy neri. Il Black Cowboy Museum, fondato da Larry Callies a Rosenburg, documenta con passione questa eredità attraverso mostre, lezioni di rodeo e cerimonie della Hall of Fame dedicate ai pionieri afroamericani del West. Anche il circuito dei rodei neri, dal Texas Black Invitational Rodeo di Dallas al Bill Pickett Invitational Rodeo giunto al suo 40° anno di attività, continua a offrire spazi di visibilità e celebrazione.
Brandon Alexander, attore e cowboy nero, sottolinea quanto sia fondamentale questa rinnovata attenzione: "Non siamo stati dimenticati. Abbiamo contribuito a plasmare l'America, a dare forma al West. Non erano solo John Wayne e Clint Eastwood. C'eravamo anche noi".
Oltre agli eventi ufficiali, la cultura cowboy nera vive anche nella moda, nell’arte e nella cinematografia. La diffusione di abbigliamento western reinterpretato in chiave afroamericana, la crescente produzione di documentari e film che raccontano questa realtà, e la partecipazione attiva di giovani cowboy neri nei social media stanno contribuendo a una vera e propria rinascita culturale.
In questa riscrittura della narrazione americana, Cowboy Carter di Beyoncé irrompe come un manifesto. Un richiamo alle radici, ma anche un ponte verso il futuro dove le voci di chi è stato a lungo escluso trovano finalmente risonanza.