Il 2024 si è chiuso con un drammatico primato: secondo il rapporto annuale delle Nazioni Unite presentato al Consiglio di Sicurezza, lo scorso anno è stato registrato il numero più alto di gravi violazioni contro i bambini in conflitti armati da quando esiste l’agenda internazionale sul tema. Un incremento del 25% rispetto al 2023, già anno da record, che fotografa una crisi umanitaria profonda e diffusa, con migliaia di minori uccisi, mutilati, reclutati, rapiti o violentati, mentre molti altri vedono negato persino l’accesso all’assistenza umanitaria.
Proteggere i bambini dalla guerra è possibile se c’è volontà politica
Dietro queste cifre ci sono volti, storie e vite spezzate. Come quella di una 14enne sudanese violentata davanti alla madre, tenuta sotto tiro da uomini armati. O i sei bambini nigeriani uccisi dall’esplosione di un ordigno creduto un rottame. In tutto il mondo – da Gaza al Sudan, dal Myanmar all’Ucraina – i bambini continuano a morire sotto le bombe, a subire abusi e a sopravvivere in condizioni disumane.
Secondo Sheema Sen Gupta, direttrice dell’UNICEF per la protezione dell’infanzia, due sono le tendenze più allarmanti. La prima è l’uso crescente di armi esplosive in aree densamente popolate: oltre il 70% delle uccisioni e mutilazioni infantili avviene così. Le bombe non distruggono solo i corpi, ma anche il futuro dei sopravvissuti, colpendo scuole, ospedali, case, parchi, fonti d’acqua e sistemi sanitari. I residuati bellici, inoltre, rappresentano una minaccia costante anche dopo la fine degli scontri.
La seconda emergenza è la violenza sessuale, aumentata del 35% nel 2024. Solo nei primi due mesi del 2025, in Repubblica Democratica del Congo sono stati segnalati quasi 10.000 casi, il 40% dei quali ha coinvolto minori. In Haiti, Somalia e Mali, si assiste a stupri sistematici, spesso di gruppo, da parte di milizie armate. Una violenza che distrugge i corpi e le identità, aggravata dalla stigmatizzazione e dall’impunità quasi totale per i responsabili.
Nonostante il quadro drammatico, l’UNICEF evidenzia anche sviluppi incoraggianti: nel 2024 oltre 16.000 bambini sono stati liberati da forze e gruppi armati e inseriti in percorsi di reintegrazione. In Siria, un piano d’azione ha posto fine al reclutamento dei minori da parte dell’Esercito nazionale di opposizione; nella Repubblica Centrafricana è stato adottato un protocollo per il trasferimento rapido dei minori alle cure civili; in Colombia, ex comandanti sono stati incriminati per crimini contro i bambini. Iraq, Pakistan, Libia e Filippine hanno assunto impegni concreti in questa direzione.
Tutti segnali che dimostrano come, laddove esiste una reale volontà politica e un impegno umanitario strutturato, è possibile invertire la rotta.
Nel suo intervento al Palazzo di Vetro, l’UNICEF ha delineato sei priorità imprescindibili:
- Far rispettare a tutte le parti in conflitto il diritto internazionale umanitario, mettendo fine alle violazioni.
- Fermare l’uso di armi esplosive nelle aree abitate da civili.
- Proteggere e ampliare lo spazio umanitario per l’accesso ai bambini.
- Dialogare anche con gruppi armati non statali per aumentare la protezione dei minori.
- Rifinanziare adeguatamente le missioni di protezione e monitoraggio.
- Pretendere responsabilità e giustizia da parte di tutti gli Stati.
Il messaggio finale di Sheema Sen Gupta è chiaro e potente: “I bambini non sono soldati. Non sono merce di scambio. Sono bambini. Meritano di essere protetti, ascoltati, curati. Meritano giustizia. Meritano un futuro.”