Da ieri è scattata una novità destinata a cambiare il rapporto tra automobilisti e autovelox: è infatti online il portale del Ministero delle Infrastrutture dedicato alla registrazione nazionale dei dispositivi di controllo della velocità. Comuni, Province e Regioni hanno sessanta giorni di tempo per inserire ogni dato tecnico, dalla marca al modello, fino alla precisa ubicazione degli apparecchi.
Autovelox, parte il censimento nazionale: senza registrazione le multe rischiano la nullità
Un’operazione che non è affatto formale, perché dal 30 novembre scatterà l’obbligo di censimento e tutte le multe elevate con strumenti non registrati rischiano di essere dichiarate nulle. Si tratta di una svolta che, se da un lato promette più trasparenza e garanzie per i cittadini, dall’altro solleva non pochi dubbi giuridici e mette sotto pressione le amministrazioni locali, chiamate a rispettare tempi strettissimi. Il provvedimento prende forma da un emendamento al Decreto Infrastrutture 2025 e dal successivo decreto direttoriale n. 305, pubblicato lo scorso agosto.
L’obiettivo dichiarato è semplice ma dirompente: costruire un’anagrafe nazionale degli autovelox, gestita direttamente dal MIT. Chi non provvederà a registrare i propri dispositivi, di fatto, non potrà più utilizzarli, con la conseguenza che le sanzioni elevate saranno prive di efficacia giuridica. A rendere il quadro ancora più complesso interviene la questione della differenza tra approvazione e omologazione. L’articolo 142 del Codice della Strada stabilisce chiaramente che solo le apparecchiature omologate possono avere valore probatorio.
Negli ultimi anni diversi tribunali hanno annullato verbali fondati su strumenti non omologati, ricordando che l’approvazione ministeriale non equivale a un’omologazione. La Cassazione, con un’ordinanza del 2024, ha ribadito questo principio, aprendo la strada a numerosi ricorsi. Il decreto ministeriale, invece, tende a equiparare i due procedimenti, scelta che rischia di alimentare nuovi contrasti in tribunale e interpretazioni discordanti.
Per gli automobilisti la novità principale sarà la possibilità di verificare in tempo reale la legittimità di un autovelox. La piattaforma ministeriale consentirà infatti di consultare mappe e registri pubblici, offrendo uno strumento immediato per controllare se il dispositivo che ha rilevato l’infrazione era regolarmente censito. Qualora non risultasse nell’elenco, la multa potrà essere contestata e dichiarata nulla. Anche per i dispositivi registrati resterà comunque essenziale la prova dell’omologazione, requisito senza il quale la sanzione non può essere considerata valida.
Non è difficile immaginare che nei prossimi mesi aumenteranno i ricorsi, dapprima per contestare eventuali omissioni nel censimento, successivamente per accertare la corretta omologazione degli apparecchi. Un capitolo a parte riguarda le mappe dei navigatori e delle app di mobilità, che d’ora in avanti potranno integrare dati ufficiali e certificati. Ciò significa che i dispositivi segnalati non saranno più generici ma corrisponderanno a quelli realmente autorizzati e censiti dal Ministero, riducendo così le false notifiche e garantendo una maggiore precisione.
In futuro, consultare il navigatore significherà avere la certezza che quell’autovelox è realmente attivo e registrato, con aggiornamenti sincronizzati direttamente con il portale ministeriale. Il cuore di questo processo resta il Portale dell’Automobilista, piattaforma già nota per i suoi servizi legati a patenti e veicoli, dalla verifica dell’assicurazione al controllo dei punti. Adesso, oltre alle funzioni tradizionali, diventa il centro operativo del nuovo censimento e il punto di accesso pubblico per i cittadini che vorranno controllare la regolarità delle multe ricevute.
Resta però da capire se le amministrazioni locali riusciranno a stare al passo con le scadenze. Sessanta giorni non sono molti, e per i Comuni più piccoli, spesso privi di risorse e personale tecnico, la registrazione di tutti i dispositivi potrebbe trasformarsi in un’impresa complicata. Un errore o un ritardo nell’inserimento dei dati significherebbe non solo l’impossibilità di utilizzare gli autovelox, ma anche la perdita di introiti legati alle sanzioni. Sul piano politico e sociale, la misura si muove su un terreno delicato.
Da un lato rafforza la tutela dei cittadini, che avranno strumenti per difendersi da abusi e contestare eventuali irregolarità. Dall’altro, l’eventuale spegnimento di centinaia di apparecchi potrebbe avere ricadute sulla sicurezza stradale, riducendo l’effetto deterrente dei controlli. Allo stesso tempo, molti Comuni rischiano di veder diminuire sensibilmente il gettito proveniente dalle contravvenzioni, una voce spesso rilevante nei bilanci locali.