Da oggi al 2035 mancano undici anni, che sono tanti, ma non abbastanza per tranquillizzare i player dell'automotive, spaventati da una data che per l'Europa significherà che si potranno vendere solo veicoli che non inquinino. Non in parte, ma che proprio siano ad emissioni zero.
Auto elettriche: l'Europa riflette sulla scadenza del 2035, con il mercato che arranca
Un traguardo per gli ambientalisti, una tagliola per le case costruttrici che assistono sgomente ad un rallentamento del mercato dei veicoli elettrici ''tour court'' a beneficio di quelli ibridi.
Di questo problema, che è molto complesso e sul quale, nell'ambito dei Paese europei, ci sono sensibilità diverse, si comincerà a discutere (meglio dire: ridiscutere) a Bruxelles il 30 gennaio, quando sul tavolo si metteranno i tanti argomenti che, come tessere di un mosaico, costituiscono la base di discussione sul futuro dell'auto e sui quali, c'è da darlo per scontato, il confronto rischia di essere duro. Ad esempio, come la transizione sia compatibile con un rigore che, per qualcuno, è eccessivo, se non punitivo, come nel caso delle multe per i costruttori.
Che la situazione sia delicata e complessa lo dicono anche i dati che l'Acea, l'associazione europea dei costruttori, ha reso noti in merito ai numeri del mercato, che, a fronte di un aumento di poco meno del'1 per cento lo scorso anno, segna un baratro rispetto al 2019 (l'anno precedente all'esplodere dell'emergenza pandemica) , con un arretramento di 18 punti percentuali che sembrano ormai impossibili da recuperare, anche per le problematiche legate allo stop del 2035 per la vendita di vetture alimentate da carburanti fossili.
Data che mette in ambasce tutto il comparto, mettendo dentro questa ''categoria'' non solo costruttori e indotto, ma anche i lavoratori che, come nel caso italiano, non hanno certezze, e i governi, che non vogliono rischiare di dovere affrontare quella che potrebbe essere una bomba sociale.
Se la data del 2035 sembra essere ormai accettata, quello che da più parti si reclama è che ad essa si giunga ponendo il comparto in condizioni che meno lo penalizzano, magari diluendo i tempi.
Che la strada verso la soluzione del problema che ne rispetti i presupposti sia complicata c'è che a guidare i lavori della prossima riunione sia la stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, chiamata a indirizzare gli incontri in modo che si giunga ad punto di più alta condivisione. Che non significa che tutti debbano essere contenti soddisfatti, ma che non si arrivi ad una rottura, che nessuno auspica.