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Violenza di genere: i dati fotografano un fenomeno ancora drammaticamente diffuso.

 
Ogni anno, dal 1999, il 25 novembre ricorre la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne. Si tratta di un appuntamento sempre più sentito e partecipato, istituito allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza di genere, una delle più diffuse, persistenti e devastanti violazioni dei diritti umani ancora tragicamente attuale in tutto il mondo. Una vera e propria emergenza sociale internazionale, in merito alla quale il nostro Paese non fa eccezione: basti pensare che in Italia il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale e gli omicidi di genere rappresentano l’84,1% degli omicidi di donne. I dati confermano la necessità e l’urgenza di affrontare il problema a livello sia sociale che istituzionale nonché di modificare le modalità con cui il fenomeno viene visto e contrastato. Non sono le donne ad essere responsabili delle violenze perpetrate nei loro confronti e, di conseguenza, a doversi preoccupare delle eventuali intenzioni violente di chi potrebbe aggredirle, a prescindere dal fatto che si tratti di uno sconosciuto o, come invece spesso accade, un marito, un compagno, un partner, un parente, un amico. È invece necessario intervenire sul modo di concepire, vivere ed interpretare determinate dinamiche interpersonali e relazionali, e per farlo è impossibile prescindere dall’ambito scolastico ed educativo. La violenza sulle donne è figlia anche e soprattutto di secoli di cultura maschilista e patriarcale, la cui eradicazione passa da un cambio di mentalità da innescare già dall’infanzia, in primis nei soggetti che domani saranno uomini adulti.

Nel giorno in cui si svolge l’udienza finale per il femminicidio di Giulia Cecchettin e la Corte di Assise di Milano si pronuncia sulla pena per l’omicidio di Giulia Tramontano ad opera del compagno, Federconsumatori chiede un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni, che dovrebbero prendere atto del fallimento delle politiche adottate fino a questo momento per contrastare un fenomeno tanto grave quanto ancora diffuso e modificare radicalmente la strategia da adottare. Sarebbe opportuno l’inserimento permanente nei programmi scolastici dell’educazione sentimentale come materia dei piani formativi, e non saltuariamente e/o con programmi o progetti a tempo determinato. E’ infatti solo intervenendo a livello strutturale nel sistema educativo che sarà possibile diffondere la cultura dell’empatia e del rispetto e far sviluppare nella società il totale rifiuto nei confronti di qualsiasi forma di violenza.
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