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Usa: PCE core in rallentamento al 2,5% entro fine anno
di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel

L’inflazione negli Stati Uniti è in fase di rallentamento: a giugno il dato core dell’indice CPI è risultato inferiore alle attese per il quinto mese consecutivo, confermando uno scenario in evoluzione verso l’obiettivo del 2% stabilito dalla Federal Reserve. Se è vero che si osservano pressioni al rialzo sui prezzi di alcuni beni di consumo, in particolare nei comparti dell’abbigliamento, dell’arredamento e dei beni ricreativi, questi aumenti sembrano legati all’annuncio dei nuovi dazi e sono bilanciati dal raffreddamento dei servizi abitativi, che nel mese di giugno hanno registrato il tasso di incremento più contenuto dal febbraio 2021. Considerato che il comparto "shelter" incide per circa un terzo sull'indice CPI core, si tratta di un elemento da non sottovalutare. Inoltre, trattandosi di una componente strutturalmente lenta ad aggiustarsi, è plausibile attendersi che questa dinamica prosegua anche nella seconda metà dell'anno, contribuendo a contenere eventuali pressioni al rialzo sui beni. Per quanto riguarda i servizi diversi da quelli abitativi, tipicamente più sensibili all’andamento del mercato del lavoro, i prezzi restano abbastanza sostenuti, anche se ci attendiamo un progressivo rallentamento del mercato del lavoro nei prossimi trimestri.
La crescita occupazionale ha già mostrato segnali di decelerazione e riteniamo probabile un lieve aumento del tasso di disoccupazione entro la fine dell'anno, il che dovrebbe contribuire a ridurre ulteriormente le pressioni inflazionistiche nel comparto dei servizi. Nel complesso, questi fattori convergono verso un ulteriore rallentamento dell'inflazione core nella seconda metà del 2025. Prevediamo che l’indice PCE core, la misura preferita dalla Fed, possa attestarsi intorno al 2,5-2,6% alla fine dell'anno. Per il 2026, con l’attenuarsi degli effetti dei dazi e l’evoluzione del mercato del lavoro, riteniamo plausibile un ritorno al 2%, se non addirittura al di sotto.
È importante ricordare che, sebbene i dazi possano esercitare pressioni temporanee sui prezzi di alcuni beni, tendono anche a frenare la crescita, funzionando di fatto come una tassa per famiglie e imprese. In quest'ottica, abbiamo rivisto al ribasso la nostra previsione di crescita del Pil statunitense per il 2025, portandola a circa l'1,5%. Non si tratta di una recessione, ma piuttosto di una fase di crescita al di sotto della media. Sul fronte della politica monetaria, il raffreddamento dell’inflazione e l’attenuazione delle condizioni del mercato del lavoro dovrebbero offrire alla Federal Reserve lo spazio necessario per iniziare a ridurre i tassi. Pur non essendo ancora giunti al momento di una riduzione immediata del costo del denaro, riteniamo che le condizioni per un primo intervento possano concretizzarsi nel corso dell'autunno, purché l'attuale tendenza venga confermata dai dati.