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Smart Working in Italia, l'ibrido si consolida, PA in testa

di Redazione
 
Smart Working in Italia, l'ibrido si consolida, PA in testa
Dopo un lieve assestamento, lo Smart Working in Italia torna a crescere nel 2025. Un modello di lavoro ibrido si consolida, ma le sfide riguardano l'evoluzione dei modelli di gestione, il coinvolgimento e il delicato equilibrio con l'Intelligenza Artificiale.

Secondo i dati dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il lavoro agile si conferma un fenomeno strutturale nel panorama italiano, lasciandosi definitivamente alle spalle l'era delle misure emergenziali. Nel 2025, i lavoratori da remoto sono circa 3.575.000, segnando un aumento dello +0,6% rispetto all'anno precedente. Questa ripresa è fortemente eterogenea, con il settore pubblico in netta accelerazione e una contrazione nelle realtà aziendali più piccole.

La PA come motore di crescita, PMI in rallentamento

Il dato più significativo riguarda la Pubblica Amministrazione, che registra il maggiore incremento: ben l'+11%, portando il numero di smart worker a 555.000 (il 17% dei dipendenti). Anche le Grandi Imprese sono in crescita (+1,8%), dove il 53% del personale (1.945.000 persone) opera in modalità agile.

In controtendenza, invece, le PMI e le microimprese, che vedono una sensibile riduzione degli smart worker (-7,7% e -4,8% rispettivamente), rappresentando ormai solo l'8% del totale. Questa discrepanza si riflette anche nell'adozione di politiche: lo Smart Working è ormai una realtà nel 95% delle grandi imprese e nel 67% delle PA (con un aumento di 6 punti), quasi sempre con progetti strutturati. Nelle PMI, tuttavia, l'adozione scende all'8% (con una flessione di 8 punti) ed è spesso gestita in modo informale, tramite accordi diretti.

Il modello prevalente in Italia è l'"ibrido", che alterna la presenza in sede con il lavoro da remoto. Tuttavia, l'efficacia di questo modello dipende dalla sua applicazione.

L'Osservatorio evidenzia che l'approccio più virtuoso è quello "collaborativo" (scelta a livello di team bilanciando esigenze individuali e organizzative), che copre il 32% dei casi. Rispetto all'approccio "individualista" o "centralizzato", il modello collaborativo è correlato ai migliori risultati in termini di engagement (livello medio di 6,65 su 10) e prestazioni, oltre ad avere un effetto positivo sul senso di appartenenza dei lavoratori all’organizzazione.

“Oggi il vero interrogativo per i manager non riguarda “se” fare Smart Working, ma come far evolvere i modelli per renderli sempre più efficaci ed evitare che si assestino in routine 'scontate'” -  ha dichiarato Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working.

Nonostante la consolidazione, il fenomeno è lontano dal suo picco. Il 21% dei lavoratori che attualmente non operano da remoto dichiara di poter svolgere almeno metà delle proprie attività con la stessa efficacia anche fuori dalla sede aziendale. Questo dato apre le porte a un potenziale teorico di circa 3 milioni di nuovi smart worker, che riporterebbe l'Italia vicina ai 6,5 milioni toccati durante la pandemia.

Inoltre, tra chi non usufruisce del lavoro agile, la forma di flessibilità più desiderata è quella oraria e, in particolare, la settimana corta, un modello che oggi è presente solo nel 10% delle grandi organizzazioni, spesso in fase di sperimentazione.

Lo Smart Working si evolve inevitabilmente con l'avanzamento tecnologico. L'Intelligenza Artificiale sta già impattando sulle mansioni, automatizzando i compiti routinari. Questo, come sottolinea Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio, può liberare tempo per attività a maggiore valore aggiunto, creatività e formazione, rendendo i ruoli più autonomi e adatti al modello agile.

“L'AI rischia di diffondere una percezione di sostituibilità delle persone, minando motivazione e senso di purpose individuale. I manager devono usare lo Smart Working per generare fiducia nell’impatto positivo che le nuove tecnologie possono dare” - ha concluso Fiorella Crespi.

In questo scenario ibrido, la criticità del diritto alla disconnessione si acuisce: il 35% dei white collar in Smart Working soffre di overworking (rispetto al 30% dei colleghi in sede). La maggior parte delle grandi organizzazioni (49%) e della PA (78%) sta implementando misure, principalmente definendo fasce orarie in cui i dipendenti non sono contattabili.

Il futuro del lavoro in Italia è, dunque, saldamente ibrido. La sfida per i manager e le organizzazioni sarà quella di superare la semplice "routine" e sfruttare lo Smart Working come leva strategica per l'innovazione organizzativa, la sostenibilità del lavoro e l'adattamento all'era dell'Intelligenza Artificiale.
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