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Shutdown USA: i mercati non si fermano
di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm

Con il mancato accordo sulla Legge di Bilancio, il 1° ottobre il governo federale degli Stati Uniti è entrato ufficialmente in shutdown, cioè in blocco amministrativo, con il conseguente congelamento delle attività governative non essenziali.
Gli shutdown del governo statunitense non sono un fenomeno inedito: si sono verificati diverse volte nella storia recente. L’episodio più lungo è stato quello tra il 2018 e il 2019, durato 35 giorni, seguito dallo stop di 21 giorni registrato tra il 1995 e il 1996. In genere, però, le interruzioni non si sono protratte a lungo, dal momento che il malcontento degli elettori per la riduzione dei servizi ha sempre spinto i politici a raggiungere un accordo in breve tempo.
Tuttavia, esistono motivi per cui i policymaker potrebbero tollerare, questa volta, uno shutdown prolungato: nonostante la popolarità del presidente Trump sia in calo, i Democratici faticano a guadagnare consensi tra gli elettori, mentre il loro leader al Senato, Chuck Schumer, è stato aspramente criticato per essere sceso a compromessi con i Repubblicani sulla spesa pubblica all’inizio dell’anno. Ad oggi, secondo i sondaggi del Washington Post, l’opinione pubblica americana attribuisce la maggior parte della responsabilità ai Repubblicani, tradizionalmente più ostili all’aumento della spesa pubblica e desiderosi di ridurre le dimensioni e l’influenza del governo federale. Tra loro c’è persino chi ipotizza di sfruttare lo shutdown per trasformare i congedi temporanei in licenziamenti permanenti e, tra i possibili obiettivi, figurano agenzie come l’EPA (Agenzia per la Protezione Ambientale) e il Dipartimento di Stato, entrambe con un alto numero di dipendenti attualmente sospesi. Uno shutdown prolungato potrebbe portare ad un leggero aumento della disoccupazione, tra lo 0,1% e lo 0,3%, rallentando la spesa dei consumatori. E con un’amministrazione fortemente a favore di un abbassamento dei tassi d’interesse, anche il minimo aumento della disoccupazione rischia di complicare le discussioni all’interno della Federal Reserve. Inoltre, un blocco prolungato comporterebbe una minore pubblicazione di statistiche ufficiali, rendendo più difficile il lavoro di investitori e Banche Centrali.
Ad ogni modo, va considerato che non si tratta di un blocco totale: il 40% dei dipendenti federali verrà messo in congedo non retribuito, mentre il restante 60% – inclusi lavoratori operanti nei settori della difesa, della sicurezza alimentare e del controllo del traffico aereo – continuerà a operare normalmente. L’amministrazione ha deciso di tenere aperti anche i Parchi Nazionali, seppur con personale ridotto e stipendi finanziati dagli incassi. Forse anche per questo motivo, l’impatto della notizia sull’economia e sui mercati finanziari è stato per ora limitato, in linea con quanto accaduto negli ultimi sei shutdown, quando l’S&P 500 ha registrato un rendimento medio del +1% circa. Dal punto di vista dei portafogli, la nostra valutazione è quella di cercare di guardare oltre il “rumore politico” del breve termine e concentrarsi sui mercati azionari e obbligazionari, la cui volatilità appare al momento piuttosto contenuta.