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Sell-off obbligazionario: quando il rischio non è più solo l’inflazione

di Paul Saint-Pasteur, gestore del Team Global Fixed Income di Payden & Rygel
 
Sell-off obbligazionario: quando il rischio non è più solo l’inflazione
Con l’aumento dei rendimenti e della volatilità dei tassi, il mercato obbligazionario sembra mostrare segnali di inquietudine. Al sell-off delle obbligazioni visto nelle ultime settimane hanno contribuito una serie di fattori sia fondamentali che tecnici, tra cui, anzitutto, il repricing del rischio di recessione a seguito della sospensione delle tariffe reciproche da parte dell’amministrazione statunitense, che ha portato gli investitori a rivalutare l’impatto dei dazi sull’economia e a prezzare un numero inferiore di tagli ai tassi d’interesse da parte della Federal Reserve. Più di recente, hanno pesato anche l’attenzione alle questioni fiscali, i timori di un allargamento del deficit di bilancio e il peggioramento delle prospettive del debito pubblico, non solo negli Stati Uniti ma anche in altri Paesi come il Giappone. Senza contare le preoccupazioni per gli squilibri strutturali tra domanda e offerta nei mercati globali dei titoli di Stato e gli aggiustamenti di alcune posizioni ampiamente diffuse, che hanno esacerbato il sell-off obbligazionario.

Se si osservano le singole componenti dei rendimenti dei titoli di Stato, si nota come il recente rialzo sia stato in gran parte guidato dall’aumento del premio a termine, mentre le aspettative di inflazione sono rimaste sostanzialmente stabili. In altre parole, questa volta gli investitori non sembrano tanto preoccupati per l’inflazione, quanto per il rischio di tasso d’interesse che stanno assumendo, per il quale vogliono essere adeguatamente compensati. In termini di posizionamento, il contesto attuale ci porta a privilegiare le esposizioni alla parte anteriore della curva dei rendimenti, mentre siamo sottopesati sulle scadenze più lunghe, preparando i portafogli all’irripidimento delle curve.
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