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Sanremo, battaglia finita: l’Ariston non si tocca

di Redazione
 
Sanremo, battaglia finita: l’Ariston non si tocca
In Italia ci sono riti che sopravvivono a tutto: alle crisi politiche, ai governi ballerini, perfino alle guerre vere, e a quelle di carte bollate. Uno di questi si chiama Festival di Sanremo. Dopo mesi di tensioni, ricorsi e scenari a tratti surreali, la notizia è ufficiale: la Rai e il Comune hanno trovato un accordo, e l’Ariston resta la sua casa naturale. La Riviera dei Fiori non perderà la sua liturgia più seguita e il pubblico non dovrà immaginare l’impensabile, cioè un Sanremo senza… Sanremo. La vicenda, che ha tenuto banco per mesi, parte lo scorso dicembre, quando il Tar della Liguria ha decretato la fine degli affidamenti diretti alla Rai. La regola diventava una: bando pubblico. Una rivoluzione dopo 75 anni di kermesse blindata. Il Consiglio di Stato confermava la linea, e per la prima volta il destino della manifestazione più popolare d’Italia si trasformava in una vera gara d’appalto. Le condizioni poste dal Comune non erano leggere: almeno 6,5 milioni di euro per ogni edizione, un vincolo sugli ascolti (non più bassi del 15% rispetto alla media dell’ultimo quinquennio, pena rescissione immediata) e l’1% degli introiti pubblicitari da destinare alle casse comunali. Nonostante i timori, la concorrenza non si è davvero accesa. Warner Bros Discovery ha guardato da lontano, senza affondare il colpo, mentre Mediaset si è sfilata subito, con Pier Silvio Berlusconi che già allora auspicava un Sanremo “solo e sempre in Rai”. Così, alla fine, sul tavolo è rimasta una sola proposta: quella di Viale Mazzini. Ed è lì che si è consumato il braccio di ferro più aspro: chi è davvero il padrone del format? La Rai non ha mai pensato di cedere terreno, mentre il Comune rivendicava la titolarità del marchio. Ne sono nati mesi di scontri, fino a quando qualcuno ha cominciato a immaginare scenari alternativi. Torino e Napoli si sono trovate catapultate in prima fila come papabili capitali della canzone italiana, ipotesi che ha agitato tanto i nostalgici quanto i pragmatici.

Poi, con l’estate, è arrivato il disgelo. Ad agosto il clima si è fatto meno teso, e in questi giorni è arrivata la firma: tre anni di accordo con possibilità di rinnovo per altri due. Il marchio “Festival della Canzone Italiana” resta di proprietà del Comune, ma la Rai ha ottenuto le garanzie che voleva sul format. In cambio, si è impegnata a rispettare i vincoli economici del bando. Palazzo Bellevue è stato il teatro della riconciliazione. Il Festival, dunque, riparte. Con Carlo Conti di nuovo alla guida, doppio ruolo di direttore artistico e conduttore, la prossima edizione andrà in onda dal 24 al 28 febbraio, leggermente spostata in avanti per non incrociare le Olimpiadi e le Paralimpiadi di Milano-Cortina. E però… c’è un però. Just Entertainment, la società che ha aperto il contenzioso giudiziario, ha già presentato un nuovo ricorso. Il Tar della Liguria, dopo aver respinto la richiesta cautelare, si pronuncerà nel merito il prossimo 17 ottobre. Nel frattempo, chi scandisce l’anno contando i giorni tra una canzone e l’altra può tirare un sospiro di sollievo: perché Sanremo è Sanremo. E l’Ariston non si tocca.
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