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Pharus: Fed taglia i tassi? Ecco cosa cambia

È stata una settimana importante per i mercati, che registrano nuovi massimi, spinti da un mix di dati macro positivi, aspettative di taglio tassi e solidi fondamentali aziendali.
Partiamo da una fotografia generale del quadro macro e dal dato più atteso della settimana ovvero l’inflazione con il CPI core di agosto che si è attestato in linea con le attese a +0,3% su base mensile e a +2.9% su base annuale.
Sempre sul lato dell’inflazione il PPI ovvero i prezzi della produzione sono aumentati solo del 2.6% rispetto al 3.3% atteso e sono addirittura in calo su base mensile.
Mentre le richieste iniziali di sussidio di disoccupazione sono salite a 263.000, al di sopra delle attese di 235.000, segnando il livello più alto dal 2023.
Una combinazione di dati che ha rafforzato nei mercati l’aspettativa di un taglio dei tassi da parte della Fed già nel meeting del 17 settembre. Il taglio dei tassi è infatti ora quasi una certezza con le probabilità implicite di un taglio di 25 punti base la prossima settimana ora superiori all’90%, ed i mercati che iniziano anche a prezzare due ulteriori tagli entro fine anno.
Nel frattempo, l’ECB ha lasciato invariati i tassi per la terza riunione consecutiva. La presidente Christine Lagarde ha detto <https://www.reuters.com/world/live-ecb-set-hold-rates-again-inflation-remains-around-target-2025-09-11/> che l’inflazione è «dove dovrebbe essere», ma ha aggiunto che la situazione complessiva e le previsioni per il futuro rimangono parecchio incerte soprattutto per via degli enormi dazi <https://www.ilpost.it/2025/04/02/stati-uniti-dazi-reciproci-trump/> imposti a partire da aprile dal presidente statunitense, il Consiglio direttivo dell`eurozona seguirà quindi un approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni verranno adottate di volta in volta a ogni riunione.
I principali indici azionari americani hanno toccato nuovi massimi: da inizio anno il Nasdaq segna +13,3%, l’S&P 500 +10,7% e il Dow Jones +7,4%. Tradotte in euro, però, queste performance si riducono di circa il 13%. Il rally continua a essere guidato da un numero ristretto di titoli, con solo un terzo delle società dell’indice in grado di sovraperformare l’S&P 500. Un livello di concentrazione che trova paragoni solo nella bolla tech del 2000 e nel fenomeno dei Nifty Fifty degli anni ’70.
La buona notizia è che Il cuore del rialzo attuale non è solo riconducibile a fattori di politica monetaria, ma si fonda su dati aziendali solidi. La crescita degli utili ha accelerato dopo la crisi tariffaria di aprile ed il consenso di mercato si attende oggi una crescita degli utili intorno al +11% per il 2025, guidata in particolare dal settore tech.
L’indice di revisione degli utili è passato dal segno negativo di inizio anno al +12% attuale, indicando un netto miglioramento delle aspettative degli analisti e rafforzando la narrativa di una ripresa più robusta del previsto. Ottimi segnali sono inoltre arrivati dai margini operativi che hanno raggiunto un nuovo massimo ciclico al 14% fornendo (per ora) il segnale chiave che nonostante l’impatto dei dazi, il miglioramento della produttività e l’efficienza operativa continuano a sostenere i profitti aziendali. Se ricordate, già ad aprile sottolineavamo come la storia dimostri che le aziende riescono, praticamente sempre, a superare difficoltà e imprevisti di ogni tipo. Un fattore decisivo è la capacità dei CEO, che sanno adattarsi rapidamente al contesto di mercato e trasformare le sfide in opportunità di crescita. Questo è un concetto fondamentale da tenere a mente se si vuole investire in equity ed è per altro una delle ragioni alla base della crescita inevitabile degli indici azionari nel lungo periodo.
Un altro motore importante per i mercati azionari è rappresentato dai buy back. Il riacquisto di azioni proprie da parte delle società quotate dell’S&P500 nei 12 mesi più recenti hanno toccato un nuovo massimo storico a 293 miliardi di dollari. Si tratta di un flusso tecnico che continua a fornire supporto agli indici, anche in assenza di flussi netti da parte degli investitori istituzionali che mostrano invece maggiore prudenza.
Parlando di capitale in eccesso e contestualizzandolo non solo dal lato delle imprese che lo allocano facendo buyback, ma anche dal lato delle famiglie, La Fed ha segnalato un aumento della ricchezza netta delle famiglie di 7 trilioni di dollari nel secondo trimestre, raggiungendo un nuovo record di 176,3 trilioni. Questo rafforza la tenuta dei consumi anche in presenza di un calo dei salari orari medi, grazie all’effetto ricchezza generato dal mercato azionario.
Lo scenario di mercati sostenuti da fondamentali in miglioramento e valutazioni che potrebbero restare elevate più a lungo del previsto viene rafforzato dalla fiducia dei CEO.
L’indice di fiducia dei CEO tracciato dal Conference Board ha segnato nell’ultimo mese un balzo del 30% rispetto al trimestre precedente, pur rimanendo sotto la media storica.
Quando la fiducia dei CEO risale da livelli depressi, di solito è perché stanno vedendo miglioramenti concreti nella domanda e maggior visibilità sul futuro. Questo, a sua volta, preannuncia una ripresa degli utili. Più basso è il punto di partenza, più forte è il segnale positivo. Ma non è solo questione di utili: conta anche la valutazione, storicamente infatti quando la fiducia dei CEO è bassa ma in risalita, c’è una probabilità del 90% che i multipli di mercato si espandano, anche se già elevati. Questo perché il mercato tende a prezzare in anticipo la durabilità della ripresa, ancor prima che gli utili si materializzino del tutto.
Proprio il tema delle valutazioni merita un approfondimento. Oggi ci troviamo con multipli di mercato tornati vicini ai massimi storici, in particolare sul comparto tech.
Se da un lato la crescita degli utili ne giustifica parzialmente il livello, dall’altro il rischio di eccesso rimane elevato. Storicamente, fasi di espansione dei multipli da livelli già alti richiedono un contesto macro molto favorevole e continuità nella crescita degli utili. In assenza di questi fattori, il rischio asimmetrico aumenta.
In conclusione, restiamo costruttivi sul quadro di medio termine, supportati da utili, margini e dati macro solidi. Ma la selettività resta essenziale, soprattutto in settori con valutazioni tirate. Come abbiamo visto diverse volte le valutazioni possono restare elevate per molto tempo e più a lungo del previsto, ma nei portafogli suggeriamo di privilegiare aziende con pricing power, visibilità sugli utili e generazione di cassa stabile, prestando particolare selettività all’interno del fattore growth. La prudenza, in questa fase più che in altre, è una virtù strategica.